(Franco Abruzzo.it) – Milano, 22 dicembre 2008. Roberto Briglia, direttore generale dei periodici Mondadori, spiega in un’intervista a “Prima Comunicazione”, pubblicata sul numero in edicola a Milano e Roma da oggi lunedì 22 (e da domani nelle altre città), perché la riorganizzazione cominciata con il licenziamento di sei dirigenti non è causata dalla crisi. «La crisi c’è, forte e strutturale, ma il punto di partenza per noi non è, in realtà, questo. O meglio, non è soltanto l’aspetto economico della crisi, ma quali sono le priorità della prossima fase. I temi sono due, più qualitativi: la rifocalizzazione sui giornali e i nuovi modelli organizzativi. Il risparmio sui costi è la ricaduta virtuosa di questa strategia, non il contrario», dichiara Briglia a Prima. «Bisogna reinvestire, e molto, sui nostri brand chiave. Dobbiamo trovare idee e risorse per migliorare i contenuti persino investendo nell’aspetto fisico del prodotto giornale: nella qualità della carta, ad esempio, o nei formati. Il marketing deve tornare a valorizzare l’identità e la capacità attrattiva delle testate, non la vendita dei collaterali. Occorre che il rapporto editore-direttore-pubblicità diventi un triangolo perfetto, in grado di parlare con efficacia e convinzione al lettore e all’inserzionista», spiega Briglia nell’intervista a Prima. «Più la competizione si fa ardua, più hai necessità di ideazione e velocità. Per questo occorrono strutture organizzative estremamente agili. E se sei agile costi di meno. Se costi di meno conquisti tempo e risorse per trasformare la crisi in opportunità, per vincere sulla concorrenza», sottolinea Briglia nell’intervista a Prima. «C’è poi un altro punto di discontinuità: i modelli organizzativi delle redazioni», osserva Briglia nell’intervista a Prima. «Abbiamo un modello gerarchico che non funziona più, meccanicistico e autoreferenziale, che produce separazione fra le redazioni, il mondo esterno e i lettori. Non do la responsabilità ai giornalisti: è un modello generale che spinge a reiterare vecchi comportamenti. Ma va cambiato. Oggi l’organizzazione deve essere al servizio della discontinuità dei contenuti, delle identità, del valore d’uso. Se il rinnovo del contratto nazionale è diventato un tormentone infinito dipende, in fondo, da questo». (Adnkronos)