Tra il 2007 e il 2010 si è perso quasi un milione di copie di diffusione al giorno. Al netto della free press, anch’essa in forte ripiegamento, oggi si vendono poco più di 4,5 milioni di copie giornaliere.
Sono i dati contenuti nel rapporto 2011 sull’industria dei quotidiani in Italia, realizzata dall’Asig, Associazione stampatori italiana giornali, e dall’Osservatorio quotidiani Carlo Lombardi, che è stato presentato oggi alla XIV edizione della conferenza internazionale per l’industria editoriale e della stampa italiana, organizzata da Wan-Ifra Italia, insieme a Asig, Associazione italiana stampatori di giornali, e Fieg. Secondo il Rapporto, a dispetto dei numeri, la merce informazione è molto richiesta ma bisogna adattarla ai nuovi media. Secondo il rapporto, «dopo il forte calo (-13%) del 2009, nel 2010 il mercato pubblicitario complessivo è tornato a crescere, facendo registrare un saldo positivo del 3,4%; tuttavia i quotidiani, che nel 2009 avevano perso quasi il 17% del fatturato, nel 2010 hanno continuato a perdere terreno, sia pure ad un ritmo (-3,6%) meno accentuato. Solo dieci anni or sono, nel 2001 – si sottolinea -, la pubblicità sulla carta stampata rappresentava il 40% degli investimenti pubblicitari complessivi, e quella sui quotidiani il 25%. A fine 2010 la quota della carta stampata è scesa a meno del 30%, e quella dei quotidiani al 18%. Nel decennio 2001-2010, tenendo conto dell’inflazione, le aziende editoriali italiane hanno perso un quarto dei loro ricavi». A fronte di questo quadro, secondo gli estensori del rapporto, «la crisi dell’industria editoriale in tutto il mondo avviene in un momento nel quale la merce che queste imprese producono, l’informazione, incontra un favore continuo, viene consumata e riutilizzata, amplificata e rilanciata sulla Rete. I siti internet dei quotidiani hanno una crescita, in termini di utenti e di pagine consultate, superiore alla crescita della Rete nel suo complesso, e sempre i quotidiani sono in prima fila nella sperimentazione dei dispositivi mobili come tablet e smartphone». Ciò che appare in crisi non è quindi la «ragione sociale» dell’impresa editoriale, sottolinea il Rapporto 20110, «quanto piuttosto il modello economico che dovrebbe trasformare questa attività in risorse in grado di coprire i costi e remunerare adeguatamente il capitale investito». L’industria dei quotidiani deve dunque muoversi in una duplice direzione, secondo il Rapporto: da una parte saranno necessari interventi sul terreno legislativo e regolatorio, per garantire la tutela dei diritti d’autore e dei contenuti giornalistici; dall’altro lato, occorrerà agire sul terreno del marketing, verso nuovi prodotti che, senza trascurare il tradizionale prodotto cartaceo che continuerà per molti anni ancora a garantire la gran parte dei ricavi, riescano ad adattare la tradizionale qualità dei contenuti editoriali giornalistici ai nuovi mezzi. (ANSA)