In tempi di crisi per tirare avanti la carretta ci vogliono spalle larghe, sacrificio e, nel caso della carta stampata, un cospicuo numero di lettori e di investitori pubblicitari. E con i tempi che corrono, entrambe le categorie sono merce piuttosto rara.
Diario chiude bottega. Lo ha annunciato l’editore, Luca Formenton, con una nota dal forte connotato nostalgico. Chiude dopo tredici anni d’attività, anni in cui Diario si è distinto per un giornalismo di buon livello, di sinistra ma non troppo, fatto d’inchieste e reportage, sempre con l’orecchio puntato verso l’estero. Enrico Deaglio era stato il suo totem, ideatore e fondatore, ma aveva lasciato nel 2007, dopo undici anni di servizio ed una situazione economica che aveva costretto l’editore del giornale a chiudere. Pochi mesi dopo, però, il grande ritorno. Senza l’ex direttore di Lotta Continua ma con Massimo Rebotti, ex direttore di Radio Popolare. La “cura” Rebotti aveva restituito linfa a Diario, trasformandolo dapprima in quindicinale (era, originariamente, un settimanale) e poi in un mensile monografico. Il numero di dicembre 2009 sarà l’ultimo, secondo quanto annunciato da Formenton. Anche se non stupirebbe, d’altronde, la notizia di un suo futuro ritorno sulle scene italiane. È già successo. Certo, l’evoluzione continua del settore della carta stampata porta ad essere sempre più scettici a questo riguardo man mano che passa il tempo; magari potrebbe esserci un ritorno all’attività ma in versione digitale. In tal caso, però, occorrerà verificare come il mondo dell’informazione online potrebbe sposare quello dei reportage, più adatto ad altre piattaforme (stampa, tv). “Quando abbiamo ripreso le pubblicazioni nel febbraio del 2008, prima ancora con Enrico Deaglio, ‘l’iniziatore del giornale come lui ama definirsi, e poi con Massimo Rebotti – racconta un emozionato Luca Formenton – ci eravamo dati due anni di tempo per verificare la possibilità di continuare, rinnovando il progetto, e rimanere nel mondo della carta stampata. Voglio ringraziare il direttore e tutta la redazione per aver lavorato con passione e impegno, in un momento difficile per tutta l’informazione, alla realizzazione di un mensile che, per citare Massimo, raccontasse il piano inclinato su cui sta scivolando la società italiana, confrontandolo con quello che succede altrove. Purtroppo il difficile momento economico e le risorse limitate non ci consentono di proseguire”. Poi Formenton accenna al motto che ha sempre ispirato la linea editoriale del giornale: “la verità innanzitutto, nel dubbio un po’ a sinistra”. Un paio di aneddoti. Il primo: tanti ricorderanno il successo e l’ovvio alone polemico che Diario aveva suscitato nel 2006, a seguito della tornata elettorale vinta dal centro-sinistra di Prodi. In quel frangente, una video inchiesta di Deaglio proiettava ombre sinistre sull’operato dell’allora ministero degli Interni retto dal cidiellino Pisanu, dimostrando (tesi, comunque, mai resa inequivocabile) presunti brogli avvenuti durante la notte degli spogli, per tentare un colpo di reni che avrebbe riportato Berlusconi a Palazzo Chigi e il centro-destra al governo. Tentativo non riuscito, anche se quel governo Prodi durerà ben poco. Altro aneddoto, è un premio molto particolare e molto prestigioso che quelli di Diario hanno portato a casa nel 2002: Primo premio al Prix de la Guide de la Presse come miglior giornale del mondo, in coabitazione con il quotidiano serbo Danas. Mica robetta da ridere. Con il 2009 si chiude (per ora) l’esperienza pluridecennale della redazione di Diario. Diario, addio. O, forse, solo arrivederci. (Giuseppe Colucci per NL)