Il direttore di Oggi spiega come il suo giornale è sopravvissuto al web. Per accogliere le numerose opportunità, i player del settore devono iniziare a comprendere come questo sia cambiato.
Proprio ieri, su queste pagine, discutevamo l’odierna difficoltà della carta stampata ponendo particolare attenzione sulla problematica evidenziata in un articolo di Stefano Lorenzetto e legata al fatto che le testate giornalistiche non riescono oggi a sfruttare al meglio il web. In un’intervista rilasciata ad ItaliaOggi Umberto Brindani, il direttore del settimanale Oggi, affronta lo stesso argomento sottolineando alcuni dei punti già evidenziati nell’articolo inizialmente citato. Nello specifico, Brindani evidenzia che “i siti internet vanno pensati in base alla loro fruibilità” dipendente dal mezzo con cui sono consultati. Inoltre, a suo avviso, uno dei grandi errori commesso dai giornali nel loro approdo online è dovuto ad un “grande equivoco”, quello cioè che “la versione online dovesse pubblicare gli stessi articoli dell’edizione cartacea”. Lo sa bene la testata da lui gestita dopotutto, che utilizza la sua versione digitale per fornire maggiore spazio al gossip, corredato di gallery fotografiche e video, mentre affida a quella cartacea ambiti come la cronaca e l’attualità, lasciando alle due edizioni quasi nulla in comune. Si tocca inoltre l’argomento dei paywall, che il direttore definisce “una scommessa doverosa” per i quotidiani. E d’altronde la sua opinione è abbastanza autorevole, dal momento che Oggi ha raggiunto nell’anno trascorso i 6,3 milioni di utenti unici sul suo sito e si aggira intorno alle 300mila copie cartacee vendute. Nota importante: a livello pubblicitario per la testata “la raccolta online ha più che compensato il calo di quella cartacea”. Parole che (finalmente) danno un quadro realistico della situazione attuale e delle opportunità che porta con sé, invece di abbandonarsi a sterili polemiche contro internet e inutili piagnistei sui ricavi che scendono. Per chi è stato sveglio negli ultimi anni, il discorso non è una novità. In primo luogo, il comparto digitale ha aperto ai giornali cartacei la possibilità di creare un’informazione che potremmo definire simultanea. Il web gli fornisce infatti la possibilità di diffondere notizie sempre aggiornate, esclusiva che è sempre appartenuta alla televisione per ragioni puramente tecniche. Se i social network possono essere usati come bollettino informativo in occasione di eventi come attentati o disastri naturali, viene da chiedersi perché i giornali non possano fornire un parco news sempre fresco, un po’ come fa la televisione con servizi quali Sky TG24, e il tutto con la possibilità di collegare articoli che trattano argomenti simili attraverso suggerimenti e link. In secondo luogo, il giornalismo dovrebbe imparare ad avvicinarsi al suo pubblico e cessare di essere un canale comunicativo di tipo strettamente top-down come è sempre stata prerogativa della carta stampata. Un esempio virtuoso in questo senso è Il Fatto Quotidiano, che dedica molto spazio all’interazione con i lettori ed ha addirittura modificato la struttura del cartaceo, lo scorso anno, in virtù dei suggerimenti e delle esigenze esposte da questi. L’apertura al dialogo è forse una delle opportunità maggiori del web (soprattutto con la crescita dei social) che troppo spesso le testate giornalistiche dimenticano finendo per alimentare la distanza che c’è fra loro e chi dovrebbe seguirli. La sostanza è che il vero cambiamento sta nella perdita da parte dei giornalisti di un monopolio, quello informativo. E dopotutto, la tanto agognata libertà di informazione, è figlia prima di tutto di questo traguardo. Prima il mondo giornalistico si accorgerà che parliamo di un circuito sempre più libero e che non basta il tesserino dell’ordine per essere dei divulgatori informativi e meglio sarà per tutti (loro). (E.V. per NL)