E’ stato bocciato l’emendamento dal M5S che avrebbe dovuto (anche negli intenti della Lega!) salvare Radio Radicale.
Ed il povero Di Maio, che una volta tanto aveva fornito una spiegazione assolutamente condivisibile (“se dobbiamo dare dei soldi pubblici, questi vanno dati a tutte le radio che fanno informazione”, il senso sostanziale), è stato nuovamente crocefisso.
Niente paura, tanto Radio Radicale la salveranno comunque coi nostri soldi, perché è sempre finita così negli ultimi (svariati) decenni, con la scusa dell’archivio storico, della voce libera ed indipendente e bla bla triti e ritriti.
In realtà della stragrande parte degli italiani di Radio Radicale non frega assolutamente nulla e chiunque dotato di buon senso senza retaggi politici o retropensieri dovrebbe ammettere che nel 2019 non è tollerabile che si stia sul groppo altrui anziché sul mercato per manifestare il proprio di pensiero (e non quello altrui).
Vabbé, magari una quota contributiva statale si potrebbe anche tollerare, ma non certamente che l’intero carico di costi per una struttura elefantiaca, anacronistica ed insindacabilmente parziale debba finire sulla schiena degli italiani che, francamente, hanno problemi ben più importanti da risolvere prima di pensare all’attacco al libero pensiero radicale.
All’alba del 5G, con gli smart speaker, gli smartphone, le smart tv ed in generale con la fruizione informativa ormai dominata dal web, Radio Radicale starebbe bene, anzi benissimo, col solo IP. E ne avanzerebbe pure per professare il sacro verbo e salvarci dall’apocalittico scenario di una sua scomparsa.
Ma se proprio vogliamo derogare, regaliamole un pur costoso spazio sul DTT, visto che nell’outdoor – siamo oggettivi – l’ascoltano (statistiche alla mano) quattro gatti automuniti.
E pensare che loro, i radicali, sarebbero i primi a dover far tesoro dell’opportunità televisiva che tutti gli altri radiofonici stanno cogliendo; invece sono gli ultimi a pensarci. Per forza: tanto fin qui ha pagato Pantalone.
Sarebbe veramente il momento di dire basta. Ma temiamo che anche il povero Gigi alla fine cambierà idea.