E’ stata ribattezzata “Media-Rai”, o “Rai-set”. E’ il colmo, il paradosso, l’ultima spiaggia della televisione italiana. Stando a quanto si apprende dalle intercettazioni telefoniche, registrate tra il 2004 e il 2005, legate all’inchiesta sul fallimento della società “Hdc” di Luigi Crespi, ex sondaggista di Berlusconi, ed ai resoconti delle indagini fatte dalla Guardia di Finanza, le due superpotenze delle tv italiana, in perenne contrasto, in realtà altro non sarebbero che due facce della stessa medaglia: quella del Cavaliere.
Questa notizia, rimbalzata oggi agli onori della cronaca e diffusa in esclusiva da “Repubblica”, ha dell’incredibile. Se tutto ciò che il quotidiano scrive fosse confermato, tutte le battaglie per l’audience, i litigi, le risse tra Rai e Mediaset, sarebbero state orchestrate ad arte solo per prendere in giro gli spettatori, mentre, in realtà, i più stretti collaboratori del Cavaliere si sarebbero accordati sotto banco per decidere tutto: i toni da assumere su alcuni argomenti scottanti in determinate trasmissioni, l’ordine delle notizie nei telegiornali, gli ospiti da invitare nei talk show e così via. Se tutto ciò fosse confermato, si tratterebbe di un do ut des moralmente disdicevole.
Nello specifico, le intercettazioni farebbero emergere – secondo La Repubblica – l’esistenza di un vero e proprio “gioco di squadra” che interesserebbe alcuni dei collaboratori più stretti di Berlusconi. Le telefonate intercettate sarebbero avvenute tra Debora Bergamini, ex collaboratrice personale di Berlusconi e all’epoca dei fatti dirigente Rai, e Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, all’epoca, numero tre delle televisioni Mediaset. Nei colloqui tra i due sarebbero emersi, poi, i nomi degli allora direttori di Tg1 e Tg5, Clemente Mimun e Carlo Rossella (entrambi legati alle aziende della famiglia Berlusconi da oltre vent’anni), Fabrizio Del Noce, direttore di Raiuno e Mauro Crippa, capo dell’informazione sulle reti del Biscione. Ma la presunta gestione congiunta delle due aziende tira in ballo anche altri personaggi, con rispettive trasmissioni. Bruno Vespa, su tutti, con Del Noce che, secondo quanto riportato, avrebbe concordato con il conduttore tutti i dettagli con i quali egli avrebbe dovuto parlare di determinati argomenti. Non sfuggiva nulla alla “ragnatela” (come è stata ribattezzata con una non celata aggressività lessicale da “Repubblica” stessa), neanche un minimo dettaglio. Perché un buon comunicatore sa bene che, quando c’è di mezzo l’informazione su scala nazionale, anche i dettagli minimi assumono un peso notevole se trattati in un certo modo.
Dopo l’esplosione, oggi, di questa bomba ad orologeria, si è scatenato il finimondo. Per un giorno, persino i due “nuovi mostri” (si fa per dire) del mutante panorama politico, Berlusconi e Veltroni, alle prese con la fondazione dei due nuovi maxi partiti, hanno dovuto arrendersi alla legge della notizia del giorno. Per non parlare, poi, degli interventi, opportuni e meno opportuni, di tanti altri esponenti politici. Mediaset, intanto, annuncia querele contro tutto e tutti (“Repubblica”, GdF); in Viale Mazzini, invece, è partita un’inchiesta interna. Gentiloni, nel gioco delle parti, ha dichiarato che “all’ombra del duopolio affiora un clima collusivo che non mi pare edificante per il servizio pubblico e per la sua autonomia”. C’è chi in Rai, invece, chiede (al solito) dimissioni di massa, mentre Landolfi, presidente della Commissione di Vigilanza chiede di “evitare strumentalizzazioni politiche”. Una richiesta, a questo punto, che pare un po’utopica. (Giuseppe Colucci per NL)