In scena una battaglia legale tra il gruppo di Murdoch e i pionieri della telefonia "over ip" sulla possibilità di utilizzare il termine "Sky" nel proprio marchio. Il conflitto tra vecchi e nuovi media si combatte non solo sul piano del linguaggio e dei modelli comunicativi, ma sempre di più sul fronte della contrapposizione pay/free.
Rupert Murdoch da tempo porta avanti l’idea che per offrire servizi di qualità non si possa prescindere dal farli pagare. Ed è indubbio che News Corp e le sue multiformi incarnazioni su scala globale rappresentino un po’ il fronte dei media "tradizionali" (tv, stampa) che si confronta ogni giorno con il mondo mutevole e innovativo di internet, che per sua natura rifiuta ogni "privatizzazione" e tende a rendere i contenuti disponibili a tutti, indipendentemente dalle disponibilità economiche, dal ceto sociale o dalla posizione geografica. Due filosofie apparentemente inconciliabili, che ora si scontrano (vedi il caso Mediaset/Youtube o tutta la polemica sulle Google News), ora cercano inquietanti mediazioni (vedi il recente documento congiunto Verizon/Google), a volte appaiono involontariamente metaforizzate in una battaglia di marchi. Neanche a inventarlo si sarebbe potuto dar vita ad un conflitto più simbolicamente potente di quello che si sta sviluppando tra Sky e Skype sulla parola "Sky". Da una parte l’impero dei servizi a pagamento, dei "walled garden", dei contenuti criptati e delle esclusive, dall’altra gli inventori della telefonia free, gli scardinatori del monopolio delle telco, i liberatori di milioni di utenti dalla schiavitù delle tariffe. E in mezzo una parola, "cielo", carica di significati, simbologie e sogni sedimentati nei millenni. Nei commenti e nelle reazioni che si leggono in rete è come se si cercasse di far pagare la libertà, privatizzare la fantasia, usurpare l’uso comune di un termine che tutti sentono proprio e perciò non può appartenere a nessuno. Invece naturalmente è solo una guerra tra colossi della comunicazione, che cercano di mantenere il vantaggio competitivo che gli viene dall’uso esclusivo di un marchio. Significativo il fatto che la notizia sia uscita solo nel momento in cui Skype ha dovuto scoprire le proprie carte per quotarsi in borsa a New York. E nonostante le voci che si levano dalla rete, pare che Sky abbia già ottenuto un parere preliminare positivo da parte dell’UE. Business as usual, certo, ma mai sottovalutare la potenza delle parole… (E.D. per NL)