Dal 5 luglio 2012 è venuto meno per i fornitori di servizi di media audiovisivi l’obbligo di possedere il numero di dipendenti ed il capitale sociale previsti dall’art. 3, commi 4 e 5, della delibera Agcom n. 353/11/CONS, recante il Regolamento relativo alla tv digitale terrestre.
E’ quanto ha chiarito l’Autorità con apposita circolare esplicativa inerente l’interpretazione dell’art. 3, comma 13, del Regolamento, oltre che dell’art. 21, relativo ai contributi dovuti per i diritti d’uso delle frequenze. Nello specifico, con il comma 13 dell’art. 3 l’Agcom aveva stabilito che i requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti, necessari per il rilascio delle autorizzazioni alla fornitura di servizi di media audiovisivi, trovassero applicazione fino alla data stabilita per la definitiva cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica. Sino a questa data, dunque, occorreva possedere almeno 20 dipendenti ed un capitale sociale interamente versato non inferiore, al netto delle perdite, a 6.200.000 euro per essere autorizzato a svolgere, sul digitale terrestre, l’attività di fornitore di servizi di media audiovisivi in ambito nazionale, mentre la medesima attività in ambito locale poteva essere svolta dal soggetto in possesso di almeno 4 dipendenti e di un capitale sociale non inferiore a 155.000 euro, al netto delle perdite. Con la citata circolare, l’Autorità ha precisato che “la data del 4 luglio 2012 coincide con la data individuata dalla legge per la cessazione definitiva delle trasmissioni in tecnica analogica” e pertanto a partire da tale data “non trovano più applicazione i requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la fornitura di servizi di media audiovisivi lineari in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito nazionale e locale”. Tale circostanza spingerà molto probabilmente gli editori a ridurre capitale sociale e lavoratori, considerata la difficile situazione economica. Questa scelta, però, non sarà sicuramente effettuata a breve da coloro che attendono la pubblicazione dei bandi per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze tv nelle regioni recentemente interessate dalla normativa sul volontario rilascio dei canali 61-69 (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Lazio – esclusa la provincia di Viterbo – e Campania). Tali soggetti, infatti, dovranno puntare sul numero dei dipendenti e sull’entità del patrimonio netto (oltre che sulla copertura) per essere inseriti nelle graduatorie previste dall’art. 4 del D.L. n. 34/2011, convertito nella L. n. 75/2011. Quanto ai contributi previsti dall’art. 21 della delibera n. 353/11/CONS, l’Autorità ha chiarito che, sino al 31 dicembre 2012, continuerà ad applicarsi il regime di contribuzione di cui all’art. 27, comma 9, della Legge n. 448/1999 (c.d. canone di concessione). Tale regine, precisa l’Agcom, si applica agli operatori di rete e ai fornitori di media audiovisivi per il marchio/palinsesto già precedentemente diffuso in tecnica analogica in virtù del titolo concessorio, mentre i “fornitori di servizi di media audiovisivi, i cui programmi non sono mai stati trasmessi in tecnica analogica, ma esclusivamente in tecnica digitale (c.d. canali nativi digitali) sono invece tenuti esclusivamente al pagamento dei contributi previsti per il rilascio delle autorizzazioni (…)”. Inoltre, a seguito della modifica apportata all’art. 21 in argomento dalla delibera n. 350/12/CONS dello scorso 2 agosto, “il regime di contribuzione previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche per l’uso delle frequenze da parte degli operatori di rete si applica a decorrere dal 2013 anche con riferimento all’art. 34 del Codice stesso”. (D.A. per NL)