I pericoli più evidenti della migrazione digitale per le tv locali li ha ben riassunti in un lungo comunicato il Comitato Radio Tv Locali, uno dei pochi soggetti di portatori diffusi (gli altri sono il CONNA e il CNT-TPD) che hanno approcciato il problema senza gli inopportuni toni trionfalistici di necessità ora riconosciuta anche da illustri osservatori), per cercare di risolvere i problemi prima che sia troppo tardi. A tali fattori caratterizzanti il prossimo “Inferno digitale” (per riprendere una definizione ormai diffusa che per primi impiegammo nel settembre dello scorso anno) se ne aggiunge ora un altro, non immediatamente percepito come un pericolo dai più: Tivù, la nuova piattaforma di RAI-Mediaset-La 7 che dovrà, da una parte, contrastare Sky e, dall’altra, colmare le lacune del servizio del DTT terrestre, che, già si sa, saranno molte.
Bene, a parte il fatto (di per sé già un problema) che l’accesso al bouquet di Tivù difficilmente sarà alla portata di tutte le emittenti locali, anche in considerazione che quelle che già sono su Sky dovranno decidere se duplicare la presenza (e i costi) o affrontare un’incognita, va rilevata la necessità dell’impiego di un nuovo decoder, circostanza che reca seco una serie di ulteriori considerazioni. Come ha ben spiegato il sito Tv Blog in un articolo sull’argomento , Tivù “ha ottenuto da Eutelsat il posizionamento sul 13° Est, lo stesso satellite che diffonde le trasmissioni di Sky Italia, il problema è che le trasmissioni non potranno essere ricevute utilizzando il Decoder di Sky”.
Prosegue l’articolo: “lo SkyBox, il set-top box che i 4.6 mln di abbonati a Sky, e i tanti altri che sono stati abbonati ma ai quali dopo la disdetta Sky non ha richiesto la restituzione del decoder (generalmente è questa la prassi della pay tv), hanno in casa utilizza il sistema di codifica proprietario NDS, l’unico con il quale Sky è riuscita a contrastare la diffusione delle schede “pirata” che proliferavano liberamente ai tempi del duopolio Tele+/Stream”.Orbene, la pay tv di Murdoch sarebbe stata obbligata a permettere l’inserimento dei canali del nascituro Tivù fra quelli sintonizzabili con il proprio decoder, ma RAI, Mediaset e Telecom avrebbero obiettato che la ricezione dei propri canali non poteva essere vincolata al decoder di Sky. Così la decisione di impiegare la tecnologia di codifica Irdeto per Tivù, una scelta motivata, spiega Tv Blog, “anche dal fatto che non vi è l’effettiva necessità di criptare canali che verranno diffusi gratuitamente e saranno dei semplici “doppioni” di quelli già trasmessi con il Digitale Terrestre”.Consegue da ciò che quanti vorranno o dovranno affidarsi al sat (perché il DTT non sarà presente nella loro area) saranno obbligati a dotarsi di un ulteriore decoder, il che potrebbe rendere la paradossale situazione di tre apparecchi per ogni famiglia media: il decoder del digitale terrestre (perché si saranno accorti che non funziona solo dopo averlo acquistato), quello di Sky e quello per Tivù, con conseguente nuovo telecomando che si aggiungerà a quelli tipici (tv e lettore dvd), portando a cinque gli strumenti sulla poltrona di casa.
Per ovviare ad un quadro tecnico-logistico così complesso, Sky dovrebbe aprire la propria centrale di programmazione remota (il decoder, appunto), così rinunciando a posizioni acquisite di indubbia rilevanza. Probabile, a riguardo, che la principale opposizione della tv di Murdoch sarà la necessità di difendersi dall’aggressione dei pirati televisivi, contro i quali l’unico firewall efficace è rappresentato dall’attuale configurazione chiusa del decodificatore.
Posto che è ormai noto che gli utenti fidelizzati alla ricezione di Sky navigano ben poco – se non per nulla – sulla tv terrestre (digitale o analogica che sia), è facile supporre che l’introduzione di una nuova piattaforma alternativa indurrà i telespettatori a decidere per una scelta radicale: sat o terrestre. Cosicché, considerato che tutti coloro che potenzialmente possono ricevere il DTT possono essere raggiunti dal digitale satellitare ma non viceversa, è facile intuire come il paventato ruolo di gap filler della piattaforma Tivù sia in realtà uno specchietto per le allodole.