Si ritorna a parlare della sfuggente gara per l’attribuzione di quel che resta del dividendo interno (3 su 6 frequenze).
Dopo lo sciacallaggio delle migliori frequenze riservate da Agcom per i nuovi entranti per rimediare alla disastrosa applicazione del Piano Nazionale Frequenze DTT, gli scartini saranno offerti al miglior offerente, anche se, probabilmente, si dovrebbe parlare di offerente e basta, posto che tutti o quasi gli iniziali interessati si sono chiamati fuori. Perché l’hanno fatto? Beh, innanzitutto per la scarsa qualità dei 3 canali in gara (due VHF e un UHF), che esige la realizzazione di infrastrutture costose e comunque di dubbia efficacia concreta, considerato il parco antenne dell’utenza. In secondo luogo, perché tale e tanta è la capacità trasmissiva invenduta sul mercato che gli attuali network provider quasi la regalano, pur di riempire mux per ottemperare agli obblighi di legge (che prevedono la riduzione o la revoca dell’assegnazione in caso di mancato sfruttamento), sicché le opportunità di business non compensano gli investimenti da effettuare in installazioni radioelettriche. Il problema è tanto serio che il governo starebbe valutando i suggerimenti della lobby dei maggiori player nazionali di consentire la rottamazione di qualche mux nazionale (ma forse non solo) da destinare ai telefonici per favorire quella che ormai è chiaro sarà la grande rivoluzione dell’etere: la tecnologia LTE. E si parla di somme che vanno da 100 a 200 milioni di euro per frequenza nazionale, mica di bruscolini. Senza considerare il paradosso che lo Stato pagherebbe per riavere qualcosa che non è stato pagato. Così, per evitare quello che costituirebbe uno scandalo, pare si stia ipotizzando la formula di una negoziazione diretta tra i broadcaster e gli operatori telefonici, che consentirebbe al governo di salvare la faccia e di evitare di assumere il ruolo di mero passasoldi (e che potrebbe essere alla base di certe operazioni in corso tra network provider tv). Intanto il viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni Catricalà, ha assicurato che in settimana saranno apportate al bando (e al disciplinare) per l’attribuzione del minidividendo interno le (minime) variazioni richieste dall’UE (la cui gestazione del parto del topolino ha preso sei mesi…). Dette modifiche, presumibilmente, terranno conto della necessità di provvedere alla liberazione dei canali 57-60 UHF (entro il 2016), a favore dei citati servizi LTE e dell’esigenza di risolvere il nodo delle interferenze internazionali. Quel che è certo, è che all’ex concorso di bellezza non parteciperanno per vincoli normativi (ma è quasi certo che non l’avrebbero fatto comunque per i motivi predetti) Mediaset, RAI e TIMB, mentre Sky potrà concorrere per un mux (ma in molti dubitano che lo farà). I tre diritti d’uso ventennali al bando saranno inalienabili per il primo triennio e gli aggiudicatari avranno l’obbligo di raggiungere la copertura nazionale massima (non minima!) entro cinque anni. Insomma, i rischi (ventilati dallo stesso Catricalà) che nella stanza dell’asta ci sarà solo il banditore non sono affatto remoti. (M.L. per NL)