E’ nuovamente guerra aperta tra i broadcaster tv e le principali società di telefonia mobile in Europa. Queste ultime, infatti, hanno sollecitato i governi dell’UE a far cadere le resistenze nell’assegnare le licenze per le frequenze wireless per almeno 25 anni, ponendosi, tra l’altro, in aperta opposizione con gli operatori di rete tv, che vorrebbero un passaggio più graduale per quanto riguarda i 5G.
Relativamente alla banda 700 MHz le telco spingono infatti per una liberazione dai segnali tv non oltre il 2020 (anche se l’esigenza secondo alcuni “sarebbe già immediata“), mentre le tv nazionali non mostrano di voler sloggiare prima del 2022 (molti operatori locali vedono invece gli indennizzi per lo spegnimento dei canali come l’ultima soluzione ad una crisi infinita, propedeutica alla riconversione al ruolo escluso di fornitori di contenuti).
Sta di fatto che in una lettera ai ministri europei impegnati in un meeting in Estonia, le società di telefonia hanno detto di essere molto preoccupate per le discussioni in corso a Bruxelles sulla riforma dello spettro wireless, aggiungendo che l’incapacità di creare il giusto contesto avrà impatti su tutte le imprese che fanno affidamento su internet.
La lettera è stata firmata dai vertici di Deutsche Telekom, Kpn, Orange, Telecom Italia, Telefonica, Telekom Austria, Telenor, Telia Company e Vodafone.
La Commissione europea ha cercato per anni di coordinare il modo in cui i governi assegnano lo spettro wireless, o blocchi delle frequenze, agli operatori ‘mobili’ nel tentativo di creare un mercato unico europeo delle telecomunicazioni.
Lato telco, la posizione dei broadcaster tv non è considerata accettabile perché la soluzione al riequilibrio della capacità trasmissiva a seguito della sottrazione dei canali compresi tra il 50 e il 60 UHF potrebbe avere luogo attraverso l’introduzione della tecnologia DVB-T2 (che grazie ad una maggiore compressione consentirebbe di moltiplicare lo spazio oggi sfruttabile in T1), come dimostrato in Germania.
Secondo i network provider tv, invece, per passare al T2 occorrerebbe uno switch-off (non ci sono risorse frequenziali per consentire uno switch-over), verso il quale però l’utenza non è pronta, né particolarmente propensa.
In realtà, a prescindere dalla possibilità di sfruttare soluzione intermedie come l’H264, (Morello, RAI: “Irrealistico DVB-T2 nel 2022“), secondo taluni si potrebbe favorire una progressiva migrazione morbida al T2 utilizzando la capacità trasmissiva non collocata sul mercato delle tv locali (magari riunite in consorzi).
“Non è un problema di apparati, noi per esempio siamo da tempo pronti con tecnologia T2 di ultima generazione“, fa sapere Gianluca Busi, marketing manager di Itelco, storico brand italiano tra i maggiori produttori di apparecchiature broadcasting tv. “La questione, semmai, è politica”.
E’ comunque altamente probabile che posta la connotazione quale bene di prima necessità delle connessioni Internet l’UE ceda alle pressioni delle telco. (M.L. per NL)