L’Autorità ha ricevuto il 31/07/2017 una comunicazione da parte della società Vivendi S.A. volta ad integrare e modificare parzialmente il piano di ottemperanza alla Delibera n. 178/17/CONS presentato da Vivendi S.A. in data 19/06/2017, finalizzato ad eliminare la posizione di influenza notevole in Mediaset SpA (che non sarebbe un problema se Vivendi non controllasse Telecom Italia).
Lo rende noto in un comunicato l’Agcom che precisa di rimanere “In attesa di nuove interlocuzioni, che si rendono necessarie, tra gli uffici competenti e la società Vivendi S.A. al fine di dettagliare le modalità attraverso cui la suddetta società intenda rimuovere strutturalmente la posizione vietata“.
In caso di inottemperanza all’ordine impartito con la citata Delibera, avverte l’Autorità, “trovano applicazione le previsioni di cui all’articolo 1, comma 31 della legge 31 luglio 1997 n.249”.
Tradotto: più di mezzo miliardo di euro, considerato che la forbice sanzionatoria (tra il 2 e il 5% del fatturato) è tra quasi 220 e poco sotto i 550 milioni, considerato che i ricavi di Vivendi nelle scorso esercizio sono stati prossimi agli 11 miliardi.
Un conto che i francesi non saranno certamenti disposti a rischiare di pagare, cosicché è altamente probabile che il destino (quantomeno transitorio) del network provider Persidera partecipato al 70% (il 30% è del Gruppo L’Espresso) si compia più velocemente di quanto il mercato mostra di volere.
Ricordiamo infatti che la soluzione all’obbligo imposto da Agcom non può che consistere nel neutralizzare gli effetti dell’influenza dell’importante partecipazione in Mediaset (28,8% del capitale e il 29,9% dei diritti di voto, mentre Fininvest ha oltre il 41%), oppure nel trasferire la quota di Telecom Italia (e quindi di Vivendi) in Persidera per ottemperare alle richieste della Commissione europea.
Quest’ultima aveva dato il via libera condizionato all’acquisizione del controllo de facto dell’operatore telefonico italiano da parte dei francesi di Vivendi a patto che il colosso dismettesse l’impegno sul DTT.
Per la Commissione Ue la presenza del player d’Oltralpe in Telecom Italia e in Mediaset crea di fatto pericoli per la concorrenza, posto che il Biscione controlla altrettanti multiplexer sul DTT e quindi il peso “relativo” di Vivendi sulla piattaforma digitale terrestre in Italia sarebbe di addirittura 10 bouquet nazionali.
Persidera ha una base di ricavi pari a 80 milioni di euro e un margine ebitda intorno al 50%. In teoria, il suo valore potrebbe arrivare fino a 500 milioni di euro, quindi la quota del 70% in mano a TI varrebbe 0,35 miliardi di euro; questo almeno secondo gli analisti di Banca Akros che avevano analizzato a fondo la questione.
“Nonostante la dimensione relativamente modesta, questo asset è strategico essendo un punto di intersezione tra media e telecomunicazioni, in quanto il multiplex potrebbe essere alla fine impiegato per la banda larga mobile”, avevano spiegato gli advisor di Banca Akros, annotando però come occorresse “comunque vedere come il governo potrebbe gestire questo passaggio. Le incertezze a questo riguardo potrebbero influenzare l’interesse effettivo di un potenziale acquirente“.
Nel merito della vicenda, su queste pagine avevamo già evidenziato come il disimpegno di Telecom Italia dal DTT potrebbe risolvere esigenze contingenti dell’etere televisivo italiano, lato operatori di rete, in vista della migrazione al T2.
Infatti, Persidera, Rai e Mediaset detengono 5 mux a testa (Mediaset ne dedica a Premium tre e due per i canali in chiaro), H3G Italia, Cairo, Prima Tv di Tarak Ben Ammar (imprenditore in ottimi rapporti con Berlusconi), Europa 7 e il gruppo Retecapri di Costantino Federico, uno ciascuno. Totale 20, su un complesso di 30 che comprende 10 canali delle locali, che però salgono a 40 se si considerano le risorse subregionali (non impiegabili pienamente, perché non coordinate a livello internazionale).
Di questi 30+10 canali entro il 2020/2022 ne rimarranno 14 mentre al traguardo tecnologico del 2030 la tv potrebbe uscire dal DTT, il cui segmento spettrale sarà interamente dedicato alla banda larga (dove si domicilierà definitivamente la televisione). Ora, ben si comprende che dare un valore attuale ai 5 mux di Persidera è relativamente semplice utilizzando i normali criteri di calcolo della redditività (che portano ad una forbice tra 45 e 75 mln di euro a mux). Se tuttavia l’asset della j.v. Telecom Italia-L’Espresso ha un’aspettativa di vita di poco superiore a 10 anni nella sua interezza, con un target di revisione a meno di tre (2020), la cosa si fa più complicata ed è quindi improbabile che un singolo compratore nuovo entrante (perché il limite alla titolarità è di 5 bouquet DTT) si accolli l’onere di acquistare 5 mux da gestire con un piano industriale così a breve termine.
Più probabile quindi che, nell’ipotesi di alienazione, si persegua la strada dello spezzatino a favore di almeno due player minori che, in accordo con i superplayer (che ricordiamo non possono concorrere essendo già titolari di 5 mux cadauno), potrebbero integrare l’attività quali carrier in T2 per ospitare in simulcasting i canali T1 di Mediaset e RAI, che non hanno ulteriore capacità trasmissiva a disposizione, né potranno cambiare formato sino alla definizione di una data di switch-off, a parco ricevitori adeguatosi per permettere la ricezione in high dynamic range imaging. E l’Hdr quadruplica la capacità rispetto alla tecnologia Mpeg2 e la raddoppia rispetto al già evoluto Mpeg4; in pratica oggi su un multiplexer da quasi 24 MB ci stanno 6 canali Mpeg2 oppure 12 Mpeg4 (visibili da circa il 50% dei tv, cioè quelli HD), tanto che Premium trasmette la maggior parte dei suoi canali in Mpeg2. Cioè, capacità trasmissiva sostanzialmente immutata e passaggio al T2 non traumatico, a condizione di destinare almeno due mux di Persidera al T2.
Il problema è che ora il tempo stringe (sono ampiamente trascorsi i 60 giorni concessi da Agcom il 18/04/2017) e quindi le opzioni sono due: un complesso intervento di ibernazione dell’influenza nel Biscione, che consenta di inibire il 19,9% dei diritti di voto, limitandoli al 10%, soluzione che però vanificherebbe gli intenti di Vincent Bollorè, che in occasione delle delibere con la maggioranza dei due terzi dei presenti ha un potere di veto. Oppure l’ipotesi che qui avevamo indicato sin dall’inizio: effettuare un’IPO (offerta al pubblico dei titoli di una società che intende quotarsi per la prima volta su un mercato regolamentato) di Persidera realizzando un trust dove posteggiarla.
Dipende tutto da una valutazione strategica: è più importante avere un ruolo come operatore di rete DTT oppure come socio ingombrante – e quindi rompiscatole – di Mediaset? Vista l’annunciata partenza di Canale+, forse la seconda. (M.L. per NL)
Foto di Floriano Fornasiero