Giovanni Stella, vicepresidente e amministratore delegato di Telecom Italia Media, guarda con soddisfazione al piano industriale, ma mantiene viva la sfida verso la crescita.
Il percorso completo per il riequilibrio economico della società non è ancora terminato: i risultati sono ottimi, ma gli obiettivi non si esauriscono e non si arrendono. Uno degli step prioritari del nuovo piano, infatti, è il raggiungimento dell’utile da parte di La 7. Il futuro della società è disegnato dal successo dei risultati odierni, considerati dall’a.d. Stella, un buon punto di partenza. L’assemblea degli azionisti del 8 aprile 2011 dopo aver approvato il bilancio dello scorso anno, ha eletto il nuovo consiglio di amministrazione: Severino Salvemini nuovo presidente del consiglio, Irene Bignardi critica cinematografica, Davide Rampello presidente della Triennale di Milano e Marco Giusto direttore comunicazione operativa del gruppo Generali. Congedo invece per Marco Patuano, Gianfranco Negri Clementi ed Eugenio Palmieri. Il 2010 è stato segnato da una crescita del 13,7 % rispetto all’anno precedente, raggiungendo ricavi pari a 258,5 milioni di euro. Giovanni Stella, nell’intervista del 9 aprile 2011 pubblicata su Italia Oggi, ha posto l’accento sul superamento quasi totale del fallimento di Dahlia (canale ospitato sui multiplex del gruppo e causa di svalutazioni commerciali per 9,2 milioni), grazie all’affitto della banda lasciata libera a terzi. A tale proposito la richiesta non manca, soprattutto alla luce dell’avvento dei canali ad alta definizione e dei canali 3D, che esigono una capacità trasmissiva maggiore. Un altro punto di svolta è segnato dalla rinegoziazione del contratto con Cairo per la raccolta pubblicitaria: minimo garantito ed extra raccolta per ogni punto percentuale in più di share, pena la facoltà di rescissione del contratto. La crescita presuppone piani strategici e investimenti. Non esistono “spese eccessive” quando si tratta di prediligere la qualità del prodotto. “Se nella televisione non si fanno buoni prodotti la gente non vede più la tv”, ha dichiarato l’a.d. in merito. È proprio così: contenuti poco interessanti significa riduzione dello share e quindi calo dei ricavi pubblicitari. Tra il telespettatore e l’inserzionista c’è una linea sottile ma, anche questa, indispensabile per la crescita. (C.S. per NL)