Il “Tavolo tecnico”, così chiamato da Agcom e Ministero per lo sviluppo economico – previsto in origine per il 5 novembre – si è svolto, come anticipato nel precedente articolo, venerdì 12 a Roma presso il cinema Capranichetta in piazza Montecitorio.
Gli ingegneri Vincenzo Lo Bianco e Francesco Troisi – rispettivamente dell’Agcom e del Ministero per lo sviluppo economico – hanno esposto, di fronte ad una platea meno numerosa di quanto si pensasse, quanto previsto per le aree quinta, sesta e settima (regioni Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e provincia di Mantova). Durante la riunione è stato presentato anche uno specchietto di massima con l’attribuzione dei canali – peraltro ancora da approvare – che ha suscitato non poche perplessità da parte degli intervenuti che, vista l’esperienza amara delle aree già sottoposte al ciclone numerico che meritava ben altri tempi e riflessioni più meditate, hanno assunto un atteggiamento decisamente diffidente rispetto a quello entusiastico iniziale che aveva coinciso con la digitalizzazione televisiva della Regione Sardegna. L’accusa principale che si è udita maggiormente è stata quella di aver operato principalmente “a tavolino”, come a dire che era appena rara attitudine di pochi personaggi come Salgari descrivere accuratamente luoghi dove non c’erano mai stati. Su tutto aleggiavano i vizi di fondo dell’intera macro operazione che complicano terribilmente la vita dell’emittenza locale, investita non da uno ma da più problemi che uniti formano una miscela esplosiva destinata a far sentire i suoi effetti. Essi sono principalmente legati alla mancata adozione di un decoder unico (in grave contraddizione con una apposita delibera Agcom); alla mancata attribuzione dei numeri sui telecomandi (LCN); all’enorme offerta che sconcerta l’utenza spingendola inesorabilmente verso l’ascolto delle sole reti nazionali; alle difficoltà di ricezione dei segnali digitali in condizioni tecniche non ottimali; al gioco di attribuzione dei canali che hanno reso irricevibili (per la posizione delle antenne o altro) emittenti che in analogico avevano un loro mercato ecc. Gravissimi inconvenienti che sicuramente i due citati ingegneri avranno prospettato a suo tempo – evidentemente inascoltati – ai politici e al mondo degli affari morbosamente interessati al digital divide. Non sono mancate anche considerazioni di carattere generale sulla esclusione dai “tavoli tecnici” delle associazioni radiotelevisive nazionali che hanno dovuto sottostare per poter intervenire alla pratica umiliante di presentarsi munite di lunghi elenchi di deleghe (in verità meno lunghi del tavolo precedente, posto che, come abbiamo già sottolineato, diverse emittenti non hanno confermato la delega alla rappresentanza ad alcuni sindacati) facendo notare che sarebbe come se in sede contrattualistica nazionale, il Ministero del Lavoro fosse uso invitare singolarmente alcuni milioni di lavoratori e non direttamente le loro associazioni sindacali di categoria. (A.M. per NL)