Obiettivi ambiziosi per lo switch-off digitale terrestre nel super bacino da 23 milioni di abitanti che partirà dal 15 settembre (con Lombardia e Piemonte orientale) e si concluderà il 20 dicembre (con la Liguria).
A quanto pare, i tavoli tecnici congiunti tra Agcom e MSE-Com (cioè gli incontri dove, in sostanza, si cerca di giungere ad una assegnazione condivisa delle risorse radioelettriche disponibili) saranno fissati entro un mese, forse addirittura prima di metà febbraio, per procedere poi, dopo la pubblicazione della delibera Agcom recante i piani di assegnazione, al rilascio dei provvedimenti di attribuzione dei diritti d’uso delle nuove frequenze digitali entro marzo. Una corsa per favorire le emittenti dopo il disastro laziale e le complicazioni campane (allorquando gli operatori seppero un paio di giorni prima dello switch-off quali erano i canali su cui sarebbero andati ad operare) o un palese tentativo di ingraziarsele in vista delle prossime elezioni? In effetti, tale solerzia è parsa sospetta a più d’un osservatore, che ha fatto notare come un rovinoso on/off digitale come quello del Piemonte occidentale (area tecnica 1, corrispondente alle province di Torino e Cuneo, ancora in sofferenza nella ricezione tv) portato all’ennesima potenza (con il super switch-off il 70% della popolazione italiana sarà all-digital) potrebbe determinare malumori tanto dirompenti nella popolazione da far tremare il governo (si sa, agli italiani togliete la tv ed il calcio ed avrete la rivoluzione…). E a spingere nella direzione di una rapida e quanto più possibile indolore sistemazione del quadro radioelettrico sarebbe, in modo particolare, la Lega, che avrebbe manifestato forti timori di una punizione elettorale in caso di black-out tv. Certo è che a favore di uno start-up DTT tranquillo non giocano le decine di ricorsi al TAR già promossi dalle emittenti contro i recenti provvedimenti dell’Ispettorato territoriale per la Lombardia del MSE-Com, che, con imbarazzante intempestività, sta portando solo ora a compimendo istruttorie poste in mezzo alla polvere per anni. Il rischio, quindi, che il masterplan che la Direzione Generale del MSE-Com dovrà predisporre in vista della migrazione s’intoppi a causa dell’accoglimento anche solo di un ricorso giudiziario, magari a seguito di "motivi aggiunti" avanzati proprio in forza dell’esclusione di taluni diffusori dall’elenco, non pare affatto remoto. Ad ogni modo, a parte il niente affatto improbabile retroscena politico, sembra proprio che con il super switch-off il Governo si giocherà tutta la credibilità in materia di digitale terrestre (già messo a dura prova dall’ingresso sul mercato di tecnologie ben più moderne e promettenti), sicché è lecito attendersi un’attenzione particolarmente elevata su tutti gli aspetti della vicenda: sia tecnici che giudirici, sia economici che socioculturali. In questa direzione sembra andare la presa di coscienza di limitare gli anacronistici switch-over, posta l’ormai accertata presenza di una rilevante quota di utenza già digitalizzata (la migrazione anticipata di Raidue e Retequattro interesserà infatti solo l’area tecnica 3 dal 18 maggio). Anzi, proprio l’aumento esponenziale dei telespettatori che visionano programmi numerici ante switch-off starebbe creando problemi di audience e di raccolta pubblicitaria alle stazioni con aree di servizio ancora completamente analogiche o comunque marginalmente digitalizzate. Avere un impianto regionale analogico in Lombardia, non duplicato sul digitale, significa oggi perdere un potenziale di utenza di quasi il 50%, oltre a rinunciare ai presidi LCN. Cosicché, è lecito attendersi che, presa coscienza di ciò, in questi pochi mesi che ci separano dal traghettamento tecnologico, si possa assistere, magari subito dopo la conoscenza dei canali assegnati (quindi dopo marzo), ad una serie di spontanee migrazioni anticipate (soprattutto in quei casi in cui le frequenze attuali saranno confermate in sede di assegnazione di diritti d’uso).