L’era digitale, nella fascia veneta orientale, al confine con il Friuli Venezia Giulia, è iniziata decisamente con il piede sbagliato.
Ad oltre un mese dallo switch off, il neonato Comitato di battaglia contro il disagio Rai, costituitosi nei paesini che fanno da cortina di confine tra le due regioni, calcola che circa centomila famiglie di quell’area abbiano ancora grossi problemi di ricezione dei canali pubblici nazionali. C’è chi vede la Rai friulana, chi non vede un tubo, chi ha sborsato cinquanta euro all’antennista di turno (categoria che nell’ultimo mese ha registrato un aumento degli introiti, calcolato in circa il 40%) per ridirezionare l’antenna, chi ha dovuto sborsarne addirittura 250-300, per cambiarla del tutto. Ma qual è il vero problema? “Questa è una zona sfortunata per i ripetitori", riferisce un antennista intervistato dal Corriere del Veneto. "Sono lontani: Udine, Padova e Piancavallo. Prima avevamo tre antenne, una girata su Udine per Rai 1 e Rai 3, una su Padova per Rai 2 e Rai 3 e una su Piancavallo per le private. Ora la Rai ha chiuso Udine e, dunque, bisogna girarle tutte o cambiarle, se sono vecchie”. E qual è, concretamente, la colpa della Rai? “A distanza di quasi un mese dal switch off nel Veneto Orientale – risponde Paolo Anastasia, sindaco del piccolo comune di Fossalta, uno di quelli di frontiera, in cui ancora la situazione è caotica – molte famiglie non vedono i canali Rai. La Rai ha complicato le cose, e quindi è colpevole, perché: non ha previsto lo switch over che avrebbe consentito di preparare lo switch off; non ha informato i cittadini sul fatto che, con il digitale terrestre, il corretto puntamento dell’antenna è fondamentale; ha spento il ripetitore posto sul Piancavallo; non ha indicato chiaramente ai cittadini che per vedere i canali Rai con il digitale terrestre occorreva direzionare le antenne verso Udine, per vedere i canali di Mediaset occorreva direzionare le antenne verso il Piancavallo, per vedere La7 occorreva direzionare le antenne verso il Monte Madonna (Padova). Il problema è che non basta dire: «rivolgetevi agli antennisti» se non si danno indicazioni precise e concrete”. Anastasia, intervistato da La Nuova di Venezia e Mestre, è una delle autorità locali che hanno lanciato la proposta di ripagare la Rai dell’enorme disagio subito non pagando il canone o, in alternativa, pagandolo una volta stabilizzatasi la situazione e decurtato delle spese sostenute per pagare l’antennista. Da Cinto ad Annone, a Fossalta, a Portogruaro, rappresentanti delle istituzioni locali e comuni cittadini riuniti in comitati – tra cui il citato Comitato di battaglia contro il disagio Rai, guidato dall’ex antennista Gianfranco Battiston – stanno studiando le contromosse da prendere, per raddrizzare una situazione che, a un mese di distanza dallo spegnimento del segnale analogico, non accenna a stabilizzarsi. La gente più rassegnata attende che qualcosa si smuova, mentre i più attivi propongono boicottaggi del canone e proteste, anche strampalate. Come quella di una componente del Comitato di Annone, che propone di portare tutti i televisori al sindaco affinché – essendo oramai il canone una tassa di possesso – l’intero comune ne paghi uno solo, perché se tutti gli apparecchi stazionassero lì, risulterebbero di proprietà del primo cittadino. Ed, in effetti, la legge parla di tassa di possesso su un apparecchio atto a ricevere. Ma, al momento, gran parte degli apparecchi della zone orientale del Veneto non ricevono un bel niente. In alcuni paesini, poi, c’è addirittura chi invoca il passaggio al Friuli (a Cinto c’è già stato il referendum). Ma la Rai cosa dovrebbe fare? “Per risolvere il problema alla radice dovrebbe installare un impianto locale. Costo: 200 mila euro”, spiega la Corriere del Veneto Daniele Stival, assessore regionale all’identità veneta, anch’egli della zona. Difficile che la cosa si realizzi, per lo meno in tempi brevi. I comitati e le autorità locali, però, non mollano e continuano la loro battaglia. (L.B. per NL)