Il "decoder unico made in Sky", scaturito da una felice intuizione di marketing e dai vuoti lasciati dalla normativa italiana, pare stia andando bene.
L’amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, a margine della conferenza stampa di presentazione della nuova stagione sportiva, ha affermato che ogni settimana vengono richieste in media 25.000 nuove "digital key", cioè i piccoli sintonizzatori che, inseriti nel decoder (sat) Sky attraverso un’apposita chiavetta USB collegata all’antenna per la tv terrestre, permettono di ricevere i canali gratuiti del DTT. Ad oggi il numero di decoder DTT esterni made by Sky si starebbe avvicinando al milione di unità. Ciò, in verità, non dovrebbe stupire nel mercato odierno dei decodificatori, dove si assiste sempre di più ad offerte "personalizzate" rispetto a questo o a quel content provider, a danno dell’aspetto tecnologico (ricezione via satellite piuttosto che terrestre) con l’avvento di ricevitori "combo" che permettono di superare agevolmente e senza troppi patemi i ben noti problemi post switch-off (a patto naturalmente di dotarsi di parabola). In altre parole, le strategie dei produttori stanno andando nella direzione auspicata da larga parte dei consumatori, e che già da tempo si sarebbe dovuta favorire anche per via normativa: avere a disposizione un decoder universale, in grado di ricevere, indipendentemente dalla tecnologia, qualsiasi canale televisivo gratuito o a pagamento; problematica sulla quale questo periodico aveva nel recente passato avviato un’azione di sensibilizzazione. Tutto bene, dunque? Non proprio, perché in omaggio al "libero mercato" oligopolistico in salsa italiana, i decoder "combo" Tivùsat non permettono di ricevere Sky, e il ricevitore MySky con "digital key" ovviamente non dà la possibilità di avere i canali Mediaset Premium o Dahlia. Per non parlare del mondo delle TV via internet, la cui integrazione è ancora di là a venire. Insomma, gli accordi bilaterali produttori-provider con relativa applicazione di tecnologie proprietarie e "blindate" di criptazione sono ancora il modello di business prevalente. Il povero utente, ancorché non più costretto a comprare due apparecchi per vedere satellite e DTT, deve comunque scegliere prima da che "squalo" farsi mangiare. E le autorità di regolazione sembrano, in questo frangente, aver abbandonato ogni velleità di indirizzare il mercato in una direzione un po’ più favorevole al consumatore. Saranno i soliti noti a decidere se e quando potremo finalmente utilizzare una sola "scatola" per vedere tutta la televisione che vogliamo. (E.D. per NL)