Il futuro dell’offerta televisiva sul DTT di Murdoch nell’italico territorio è tracciato, ma contrario ai suoi sacri principi: per atterrare, l’Australiano dovrà, suo malgrado, rinunciare al "pay for".
Ottenuto lo scorso mese di luglio il via libera da parte della Commissione UE a concorrere all’imminente gara per l’assegnazione di uno dei 5 multiplexer per la trasmissione in chiaro sul digitale terrestre – sul presupposto che dal 2003 ad oggi il quadro televisivo italiano è tanto mutato che l’ingresso in forze nel DTT della News Corp. non rivestirebbe più un pericolo di destabilizzazione – la corazzata di Murdoch si sta armando per un’offensiva su un terreno inusuale per essa. Beninteso, come detto in apertura, l’offerta free non è una nuova strategia in controtendenza dello Squalo (che da tempo ha stabilito – influenzando la decisione anche di altri gruppi – che ogni suo contributo editoriale deve essere rigorosamente a pagamento), ma un vincolo pluriennale posto dall’UE per acconsentire all’ingresso anzitempo nel DTT italiano. Operazione invero molto complessa, se si considera che occorre conciliare la necessità di lanciare nuovi prodotti terrestri liberi senza danneggiare quelli proposti a pagamento sul satellite. Per cinque (lunghi) anni Murdoch dovrà non tanto e non solo presidiare il DTT, quanto concorrere spietatamente sul mercato con i superplayer Mediaset, RAI e (in misura minore) La 7, garantendo un’offerta allettante in grado di preparare il terreno alla futura offerta pay. Il tutto, però, senza cannibalizzare la proposta a pagamento già affermata sul sat, che è e rimarrà a lungo il core-business televisivo dell’Australiano. Mica semplice. Rendere l’offetta in chiaro particolarmente attraente – al punto da sottrarre utenza ai canali free di Mediaset e RAI – significa deluchettare programmi di spessore che oggi vengono proposti dietro moneta sulla piattaforma principale. E liberare trasmissioni di spessore da veicolare sul digitale terrestre comporta la necessità di trovare programmi inediti e di grande appeal da irradiare dal satellite. Comunque si guardi la cosa, si tratta di un investimento notevole. Occorrono centinaia di milioni di euro sia per l’allestimento delle infrastrutture tecniche terrestri (qualora, come è probabile, Murdoch si aggiudicasse uno dei multiplexer del dividendo) che per la realizzazione o l’acquisizione di contenuti di alto interesse per il pubblico. Cinque anni in cui Murdoch dovrà lavorare quasi certamente in perdita. Poi, tutto (sat, DTT e, presumibilmente, IPTv) si normalizzerà sul classico modello pay. La strategia DTT della News Corp., una volta conseguita l’assegnazione di un multiplexer proprio, potrebbe essere quella di veicolarvi 4-5 canali SD o 2-3 HD. Ma di cosa consteranno tali programmi, posto che il canale collatore di Sky, Cielo, già esiste (e presumibilmente rimarrà dov’è, cioè sul vettore Rete A de L’Espresso)? L’ipotesi più accreditata è che Murdoch stia studiando programmi tematici (sul modello di Fox, Fox Retrò, Fox Crime, ecc.) per il DTT che trasmettano in differita di qualche mese ciò che gli omologhi satellitari hanno già diffuso in anteprima a pagamento (sul modello di Lost, la cui trasmissione in chiaro da parte di RAI stimolava la sottoscrizione di abbonamenti a Sky per la visione in anteprima delle nuove serie). Così procedendo, da una parte Sky realizzerebbe un’offerta competitiva coi programmi free di RAI e Mediaset e, dall’altra, i nuovi programmi fungerebbero da vetrina promozionale per l’offerta a pagamento sul sat, fidelizzando utenza da trasferire progressivamente, magari con offerte ad hoc, sulla piattaforma pay spaziale. Comunque andrà, da qui a cinque anni la tv italiana cambierà. Potete scommetterci. (S.C. per NL)