E’ ufficiale: il fondo di investimenti Clessidra vuole comprare frequenze. Che siano in FM, attraverso le tattiche reti di Finelco (mediante l’acquisizione della partecipazione di RCS), o in tv, sul digitale terrestre, evidentemente poco importa.
Quel che è certo, è che il settore radiotelevisivo ha ricominciato ad attirare le attenzioni degli investitori. Certo, le cose sono molto cambiate dai tempi precrisi: in FM ora non si guarda agli asset tecnici (frequenze), ma alle aziende strategicamente interessanti, in quanto a capacità di attirare ascolti ed investimenti pubblicitari (la radio continua ad avere grandi possibilità, ancora non del tutto espresse); mentre in tv, viceversa, è – almeno sul piano nazionale – l’attività di network provider a prevalere su quella di fornitore di contenuti. A condizione, ovviamente, che le risorse radioelettriche in gioco siano qualitativamente valide e scevre da contenziosi giudiziari (e ciò spiega il flop dell’asta per il dividendo interno, cui ha partecipato – per ora senza impegno vincolante – solo Cairo Communication e sulla quale già grava l’alea del giudizio amministrativo). Nel merito, Claudio Sposito, numero uno di Clessidra – uno dei tanti fondi di private equity gonfi di denaro da immettere su mercati promettenti – ha confermato ieri le indiscrezioni che lo volevano interessare a valutare seriamente l‘acquisizione del nuovo big player DTT nato dall’integrazione dei mux di Telecom Italia (3 bouquet di TIMB) e de L’espresso (2 bouquet di Rete A). "E’ un tipo di attivita’ che ci piace. Se ci sara’ l’opportunita’ saremo sicuramente interessati", ha spiegato a margine dell’Ipo di Anima Holding. Un processo formale di vendita delle frequenze tv TiMedia-Rete A e’ atteso partire prima dell’estate appena siglato il closing dell’integrazione previsto entro il mese di giugno. I due gruppi italiani non avevano fatto mistero che la joint venture, evoluta in un’operazione societaria, era finalizzata a mettere sul mercato il nascente primo superplayer indipendente italiano, in aperta concorrenza con Mediaset e RAI. D’altra parte, entrambi i contraenti hanno dimostrato sino ad ora la propria inadeguatezza a valorizzare adeguatamente le potenzialità dei diritti d’uso nazionali assegnati ed è pertanto comprensibile la decisione di optare per l’uscita dal settore (all’insegna del principio commerciale dirimente dell’up or out). Resta ovviamente da vedere chi presumibilmente sta dietro a Clessidra in questa manifestazione d’interesse. (M.L. per NL)