“Il passaggio dal sistema analogico al digitale terrestre appare molto problematico e critico per le regioni italiane, specialmente per quelle che si affacciano sull’Adriatico”.
L’allarme è stato lanciato dall’assessore regionale alla Cultura della Regione Marche, Pietro Marcolini, motivando la richiesta urgente da parte del presidente Spacca, in sede di Conferenza delle Regioni, di avviare sul Piano Nazionale delle Frequenze Tv per il DTT un tavolo politico con il Governo e l’Agcom. La richiesta è quindi di provenienza locale, ma la necessità è ben più diffusa (in Veneto, come in Friuli, in Lombardia come in Puglia e in Sicilia come in Abruzzo, il problema della compatibilità elettromagnetica con gli stati esteri è pressante). In discussione, ancora una volta, è quindi il contestatissimo Piano revisionato da Agcom, colpevole di aver ulteriormente compresso il già ridotto spazio riservato ex lege alle tv locali ("almeno" il 33%, che è diventato presto "quasi" 1/3 "delle frequenze più sfigate"). Come ricorderanno i lettori più attenti di questo periodico, gli editori locali alla pubblicazione del Piano rivisto e corretto hanno immediatamente fiutato la fregatura: ai nazionali erano stati regalati tutti (o quasi) i canali coordinati a livello internazionale e quindi impiegabili senza limiti sul territorio. Viceversa, alle locali erano finiti i ritagli di frequenza, utilizzabili senza problemi solo nelle aree lontane dai confini con gli stati esteri. Di qui la decisione di abbandonare, in segno di protesta, i lavori dei tavoli dell’area tecnica 3 (Lombardia e Piemonte orientale, che dovrebbero switchare alla fine di ottobre). “La situazione è delicata e urgente perché il piano di transizione al digitale terrestre è già avviato e dovrà essere completato entro il 2012. Per le Regioni adriatiche è ancora più grave a causa delle interferenze provenienti dai Paesi esteri dell’altra parte dell’Adriatico: Croazia, Slovenia, Bosnia, Albania e Montenegro”, ha spiegato Marcolini, aggiungendo: “Ci troviamo, pertanto in serie difficoltà”. La Regione non può infatti promuovere interventi informativi tesi a preparare l’utenza alla migrazione, poiché, allo stato, non vi è conoscenza delle future assegnazioni, né dei limiti di utilizzo dei canali destinati alle locali, cosicché mettere mano per tempo agli impianti di ricezione è impossibile. Sul versante opposto la solfa non cambia: le tv locali non possono investire senza conoscere gli estremi tecnico-giuridici del loro futuro numerico. “Per un sistema radiotelevisivo pluralistico e democratico è indispensabile garantire la sopravvivenza delle emittenti locali, che rappresentano un importante patrimonio per l’identità culturale ed economica di ogni regione”, ha insistito l’assessore, che ha chiesto al presidente della Conferenza dei Presidenti di aprire immediatamente un tavolo politico con il viceministro Romani e con l’Agcom per un confronto sul Piano delle frequenze che porti, con l’urgenza del caso, a conoscere quali saranno i canali VHF e UHF effettivamente utilizzabili in area (cioè le frequenze coordinate a livello internazionale), limitando le penalizzazioni o comunque equamente distribuendole tra gli operatori di rete nazionali e locali (e non soltanto lasciandole a carico di questi ultimi). “Sarà utile, in questo caso conoscere se e su quali frequenze digitali operano le tv dell’ex Jugoslavia. Inoltre, è necessario che siano rese note, in ogni caso, le frequenze assegnate o assegnabili nelle singole regioni per l’emittenza locale, con un congruo anticipo rispetto alle date previste per gli switch off, sia per una sorta di equità rispetto agli operatori nazionali che già conoscono i canali assegnati, sia per prendere coscienza, prevenire o limitare quei disservizi che già hanno caratterizzato le precedenti esperienze di passaggio al digitale”, ha concluso Marcolini (A.M. per NL)