“Si perderebbe un’occasione storica se il 31 ottobre non si rispettasse in Sardegna la data del passaggio dalla televisione analogica a quella digitale terrestre”, ha sottolineato il sottosegretario per le Comunicazioni Paolo Romani rispondendo al rapporto sui media locali del Corerat Sardegna che aveva pragmaticamente osservato come la mancanza di una copertura finanziaria a favore delle tv locali avrebbe reso impossibile l’adeguamento tecnologico e quindi la partenza delle trasmissioni numeriche integrali entro il mese di ottobre p.v.
“Il 31 ottobre è una data che non era prevista da tempo, ma alla quale già da tempo si sapeva che si sarebbe arrivati”, ha dichiarato Romani. “Le emittenti hanno avuto il tempo necessario per attrezzarsi e i cittadini, ossia quelli che hanno il problema della ricezione del segnale, hanno avuto il tempo per capire cosa stava accadendo”, ha puntualizzato il sottosegretario dell’ex MinCom, che ha aggiunto: “tutte le famiglie della Sardegna hanno la fortuna di ricevere il contributo per l’acquisto del decoder, una cosa che non avverrà a livello nazionale”. E proprio questo è il problema sollevato per primo da questo periodico: come è possibile prevedere un ravvicinamento di due/tre anni della digitalizzazione delle macroaree senza aver prima (ri)organizzato l’apparato di controllo (un MSE-Com praticamente allo sbando), preventivato interventi di sussidio alla popolazione chiamata a sostituire pressoché integralmente i propri televisori ed alle emittenti locali obbligate ad apportare modifiche rilevanti ai propri impianti, di cui, peraltro, non si ha nemmeno contezza (nessun operare sa ancora su quale frequenza dovrà operare in DVB-T e da quali siti)? E, soprattutto, è pensabile farlo ora, nel corso di una crisi economica internazionale di cui non si vede ancora via d’uscita?