“Basta chiamare un numero di telefono qualsiasi in quelle zone della Sardegna in cui da ieri sono stati spenti i trasmettitori di Raiuno per ascoltare voci inferocite di cittadini”, scrive l’associazione di emittenti locali in un proprio lancio d’agenzia.
Che prosegue: “La violenta decisione di passare al digitale terrestre giocata sulla collettività, cioè facendo credere che il progresso lo esige, cela molto male il vero motivo che hanno i monopolisti dell’etere e le compagnie telefoniche di appropriarsi delle frequenze attualmente impiegate in analogico lasciate libere. Non a caso quanti mostrano una gran fretta nel creare fatti compiuti lo chiamano il dividendo televisivo, cioè la possibilità di… “dividersi” fra di loro le frequenze espropriate alla Rai e alle emittenti locali”. Per il Conna, intorno al DTT gravitano molti e rilevanti interessi economici, ma, “ammesso che rappresenti lo standard tecnico definitivo, non può essere imposto con la forza come alternativa assoluta”. “Tutte le volte che si è fatta largo una innovazione tecnica – negli Anni cinquanta la modulazione di frequenza, e poi la televisione a colori – essa è sempre avvenuta in aggiunta al sistema precedente affinché i cittadini con tutta calma e con i tempi necessari, senza stabilire date capestro, potessero dotarsi spontaneamente di nuovi mezzi di ricezione”.A sostegno della propria tesi l’associazione osserva che “a distanza di decenni ci sono ancora ascoltatori che fanno uso di ricevitori in onda media e di televisori bianco e nero”.