Sono venti le emittenti locali siciliane (o meglio, gli operatori di rete) che rischiano la chiusura a causa della rottamazione frequenze interferenti; secondo i dipendenti, il Governo chiede di rispettare tempi troppo stretti senza fornire valide alternative per un problema dallo stesso causato.
Iniziano già a cadere le prime teste per via della tanto discussa rottamazione delle frequenze interferenti con gli stati esteri. Nello specifico, a far parlare ancora di sé è il provvedimento dello scorso febbraio riguardante la rottamazione delle frequenze per la regione Sicilia che comporterebbe, di fatto, la chiusura di 20 network provider colpevoli solo di aver ricevuto in asssegnazione frequenze incompatibili con le limitrofe emissioni esteri (Malta in primis). La problematica era stata già evidenziata, come segnalato da questo periodico, dalla deputata nazionale del PD Maria Iacono la quale, presentando un’interrogazione al Ministero dello Sviluppo Economico, sottolineava come la questione “oltre a danneggiare il sistema dell’informazione libera di territorio, rischia seriamente di determinare gravi conseguenze anche rispetto al mantenimento dei livelli occupazionali di migliaia di operatori del settore, che con passione e dedizione, seppur fra mille difficoltà, offrono un servizio di eccellente qualità”. Adesso, sono proprio i giornalisti, tecnici e impiegati delle emittenti dell’isola interessate dal provvedimento ad essere sul piede di guerra, soprattutto dopo la recente pubblicazione del calendario di spegnimento che richiede tempi di azione ristretti che, per alcune reti, prevedono lo switch-off già per la giornata di lunedì 07/03/2016. Le emittenti costrette a liberare le frequenze potranno proseguire l’attività (a pagamento) ospitate da quelle che invece le hanno mantenute; tuttavia, come sottolinea Massimo D’Antoni giornalista responsabile della redazione di Tele Radio Monte Kronio di Sciacca, “gli stessi ponti di trasmissione necessari per farci ospitare da altri (più precisamente, per trasferire i contenuti audiovisivi dagli studi di produzione ai mux terzi nei quali saranno veicolati, ndr) devono comunque essere autorizzati”. Però lo spegnimento dei segnali viene richiesto già ora, lasciando le reti gambe all’aria con indennizzi economici che raramente riescono a coprire gli investimenti effettuati per attivare quanto il Ministero aveva assentito improvvisamente (in quanto era noto da prima delle assegnazioni che tali canali sarebbero stati incompatibili con trasmittenti straniere). Insomma, siamo davanti all’ennesimo pasticcio del Governo sulla gestione delle frequenze. Quello stesso esecutivo, ricordiamolo, che ha generato il problema assegnando, nel 2012, le frequenze incriminate (in occasione dello switch-off da analogico a digitale) e che ora le toglie dalle mani di chi ne ha bisogno per continuare la sua attività, senza fornire una valida alternativa per la sopravvivenza. (E.V. per NL)