Niet. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni pare non voler ascoltare le grida degli operatori di rete locali ("emittenti" è ormai anacronistico, prima che inesatto sul piano amministrativo…), che vedono volatilizzarsi la garanzia del 1/3 delle risorse disponibili.
O meglio, forse Agcom le doglianze delle locali le avrà pure sentite, in lontananza. Ma non deve averle ritenute prioritarie rispetto all’esigenza di rimettere mano al Piano di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale per rendere più efficace la sua affermazione e, soprattutto, più consistenti quei 5 multiplex, che dovranno residuare per essere assegnati in beauty contest. Peccato che una tale perspicacia tecnica non sia stata proficuamente utilizzata al tempo opportuno. Cioè quando proprio l’Agcom aveva frettolosamente combinato e benedetto lo sposalizio tra il nostro Paese e la tecnologia SNF, una specie di Bella di Torriglia che tutti volevano ma solo noi ci siamo pigliati. Così, a frittata fatta, ora quello che era il garante delle Tlc cerca di ricomporre le uova, brillantemente zampettando dalla ex tecnologia vincente SFN a quella k-SFN (definizione Agcom: "detta anche rete MFN con estensioni realizzate attraverso SFN locali: rete pianificata a livello nazionale e costituita da k>1 “sottoreti” isofrequenziali – SFN locali – ciascuna delle quali utilizza la composizione degli echi iso-frequenza che cadono all’interno della finestra di guardia. La copertura totale di una rete k-SFN nella specifica area geografica è data dalla somma delle coperture delle k “sottoreti”). Fa nulla, infatti, se, nel frattempo (qualcuno dica ai Regolatori che siamo nel 2010!), un bel pezzo d’Italia è ormai digitale e manca qualcosa come tre mesi e mezzo per traghettare verso il numerico Pandora gran parte della baracca e la maggioranza dei burattini. Ma ormai la strada pare sia tracciata: o k-SFN, o si muore (e comunque, molto probabilmente e televisivamente parlando, si morirà lo stesso…). Tanto che nell’audizione del Consiglio dell’Agcom calendarizzata per mercoledì sembra che si discuterà prima di tutto della contestatissima scelta di modificare il Piano di assegnazione delle frequenze DVB-T per passare dal problematico (ma prima non era la scelta vincente?) single frequency network (imposto a tutti gli operatori privati, ma snobbato da RAI che, una volta tanto, è stata più furba, pretendendo per sé il più efficiente multi frequency network) all’ibrido k-SFN. Sebbene sull’opportunità di procedere a modificare le regole del gioco nel corso dello stesso (variando le assegnazioni anche nei territori gia switchoffati) si fossero mostrate estremamente critiche le associazioni delle emittenti locali (che al solito hanno dimostrato di contare un granché) e lo stesso viceministro al MSE con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, il presidente Agcom pare sia irremovibile, anche se si dice che abbia garantito l’impegno per cercare di "salvaguardare le diverse posizioni" (che vorrà mai dire?). Ma per l’Autorità la revisione sarebbe necessaria per garantire "un impianto regolatorio unico", che eviti "la frammentazione del processo" manifestatasi sino ad ora (perché, cosa si aspettavano quando avevano presentato in pompa magna il super Piano oggi sconfessato?), definendo da subito, in tutte le aree tecniche, quali e quante debbano essere le frequenze assegnabili agli operatori di rete nazionali e locali, tenendo in debita considerazione la riserva del dividendo digitale (che in alcune aree già migrate al digitale pare stia correndo verso l’estinzione). Ma, ahinoi, quello del Piano nel Piano è solo un pasticcio nel pasticcio (anche se questa non è una novità). Pur in assenza del Piano di assegnazione effettivo (che per inciso rende evidentemente inconvocabili i tavoli tecnici per la concertazione dell’assegnazione delle frequenze disponibili), e cioè senza che si conoscano le frequenze utilizzabili dagli operatori di rete nazionali e locali e quelle su cui si fonderà la gara per i nuovi entranti, la D.G.S.C.E.R. sta chiedendo in questi giorni alle emittenti esistenti nell’area tecnica 3 di manifestare l’interesse per una (o più) frequenze, con una scelta preferenziale ed una subordinata! Splendido esempio di scoordinamento. Che si aggiunge all’altro, gigantesco, sformato costituito dal database frequenziale lombardo puntellato chissà sulla base di quali informazioni, visto che all’appello pare manchi qualche centinaio di impianti. Si preparino i giudici amministrativi: al ritorno dalle ferie avranno un bel daffare. (M.L. per NL)