Le reti k-SFN, con ogni probabilità, si faranno. Sin dalla cerottata di Europa 7 ciò era chiaro. Ma ora è altrettanto chiaro che le risorse a disposizione per la tv digitale sono meno del previsto, prima del previsto.
L’UE ha infatti invitato gli stati a prepararsi a liberare i canali dal 61 al 69 UHF in vista del potenziamento del Wi-Fi di ultima generazione e l’Agcom non potrà non tenerne conto in occasione della posticipata riunione di Consiglio sulla revisione del Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze digitali che, molto probabilmente, si terrà il 3 giugno. Più frequenze per i mux nazionali (che per inciso sono ora diventati 22, con l’ingresso imprevisto di Screen Service tra gli operatori nazionali), meno canali a disposizione e l’obiettivo di garantire la sopravvivenza dell’esistente analogico locale in ambiente digitale, non possono che portare ad una logica conclusione: multiplexer condivisi. Da un punto di vista strettamente pratico, la soluzione dei bouquet in multiproprietà permetterebbe alle emittenti locali di superare una probabile falcidia nelle aree radioelettricamente congestionate, come la Lombardia, dove è chiaro che non ci sarà spazio per tutti. Ma tale ipotesi recherebbe in sé anche il gene del fallimento imprenditoriale: nessun business da operatore di rete (cioè quello su cui tutti gli attuali editori hanno puntato), ma solo una nuova vita digitale del tutto identica a quella analogica, con un rapporto 1:1, ma con in più la concorrenza, determinata dai nuovi programmi nazionali (di qualità), all’ennesima potenza. Ve la immaginate la gran parte delle attuali tv locali a campare solo con un monoprogramma digitale su un mux condiviso a fatica con altri soggetti? Se già faticavano a tirar sera in analogico, con una competizione tutto sommato limitata e grazie ad una dose di iniezione contributiva statale, senza la possibilità di noleggiare a terzi gran parte della banda di un canale assegnato singolarmente, quale potrebbe essere il futuro di questi soggetti? Con un avviamento azzerato dal terremoto LCN quante possibilità avrebbero gli attuali editori di sopravvivere nell’esclusivo ruolo di content provider? Domande retoriche, naturalmente. (A.M. per NL)