L’associazione di emittenti locali CONNA, da sempre molto critica sulla politica adottata da Agcom e dal Ministero dello Sviluppo Economico per la digitalizzazione della televisione terrestre, ci ha inviato le proprie considerazioni esposte nell’audizione del 4 dicembre scorso avanti all’Autorità in ordine alla nuova regolamentazione del logical channel numbering (LCN).
Ricordiamo che le audizioni dell’Agcom sono state disposte in ottemperanza alle decisioni assunte dal Consiglio di Stato che, con le sentenze n. 04658-2012, n. 04659-2012, n. 04660-2012, n. 04661-2012 (depositate il 31/08/2012), aveva annullato la delibera Agcom 366/10/CONS recante il Piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre. In attesa di conoscere il contenuto delle note depositate dagli altri sindacati di categoria, pubblichiamo quanto pervenutoci dall’ente esponenziale. (M.L. per NL)
PROPOSTA PRESENTATA IN AUDIZIONE AGCOM
Questa nota è necessariamente schematica proporzionata alla sede di audizione, si limita ad alcune osservazioni critiche in funzione di una possibile revisione delle scelte in campo televisivo, volute fino ad oggi nell’ interesse di parte di singole aziende, al di fuori di quello generale della Nazione.
1) Con l’avvento del “Digitale terrestre”, stante le varie pianificazioni poco logiche se non assurde, o se si preferisce addolcire semplicemente sbagliate, i tecnici preposti, si sono trovati di fronte ad un a serie di problemi irrisolvibili se non adottando odiose forme di autoritarismo, immediatamente raccolte dai politici che le hanno messe in pratica mediante meccanismi poco consoni ad un paese evoluto e democratico, come l’esproprio delle frequenze utilizzate da taluni operatori televisivi da ben 36 anni valendosi anche della melliflua lusinga della monetizzazione di ciò che veniva tolto brutalmente.
Come doveva essere impostata una logica pianificazione al momento del passaggio all’infelice “Digitale terrestre” evitando la ridondanza della divisione delle frequenze in 5/6 canali?
Semplicemente “scambiando” una frequenza analogica con un canale digitale: nulla di più.
Si sarebbero ricavati con neppure 10 punti di frequenza di trasmissione oltre cinquanta canali multiplex da assegnare zona per zona alle emittenti locali esistenti e magari ad abbundantiam ad altri eventuali soggetti. Inoltre, per le compagnie telefoniche si sarebbero rese disponibili un numero di frequenze ben superiori a quelle concesse attualmente.
2) La questione della numerazione automatica dei canali è destinata così come è stata impostata ad avere uno strascico giudiziario infinito, ma anche in questo caso – se non altro per compensare l’emittenza locale dallo strazio subito in tanti anni – la soluzione esisterebbe ed è quella che segue.
Fatto salvo che almeno il primo numero dei telecomandi deve appartenere di diritto al servizio pubblico gestito dalla Rai che la stessa Consulta più volte ha inteso privilegiare rispetto alle organizzazioni private, i numeri seguenti composti da una cifra fino al nove spetterebbero all’emittenza locale al servizio capillare dei cittadini sull’intero territorio nazionale.
L’apparente paradosso rispetto alle dimensioni aziendali Reti nazionali/Locali, non è tale se si considera che l’ascoltatore, pur di sintonizzarsi su di una emittente nazionale è sicuramente pronto a digitare anche due cifre, mentre non è disposto a fare altrettanto per le “locali” (come il crollo verticale degli ascolti di quest’ultimo anno ha dimostrato).
Non adottando questo criterio si rischia di perpetuare l’antica tendenza a privilegiare le aziende rispetto alla loro dimensione e al peso politico che hanno che nel tempo può anche cambiare fino al fallimento nei casi più traumatici.
E allora i numeri che vanno dall’uno al nove concessi incautamente diventerebbero merce di scambio disputata mediante l’offerta di somme astronomiche: un mercimonio cui l’Agcom non può prestarsi.
Troppo semplici queste succinte note per le menti contorte e interessate ai loro soli affari che assillano il nostro Paese? In genere è normale in tutti i Paesi partire da uno schema di indirizzo sano e imparziale per poi articolarlo nei suoi tanti aspetti.