L’utilità ultima della partecipazione alle conferenze DGTVi che negli ultimi due anni si sono succedute è l’attività di pubbliche relazioni e di incontri che permettono di tessere un buon tessuto relazionale e di porre l’orecchio a quei rumors di settore da cui poi si dipanano le varie vicende.
Oltre a questo, sperare che i temi trattati vadano al di là della semplice retorica di sistema o della propaganda è utopia pura. Gli addetti ai lavori, coloro che con i problemi legati alla conversione alla tecnica digitale hanno a che fare da tempo per cercare di tappare le falle delle reti SFN, confermano tutti la medesima versione: il passaggio al digitale non è stato privo di infortuni e a guadagnarci sono sempre i soliti noti. E come dar loro torto, visto che attualmente ci sono 5 mux RAI, 5 mux Mediaset, 3 mux TIMB, 2 mux per l’Espresso, 1 mux per La3 e 1 mux per Retecapri (che ne vorrebbe 2), senza contare la risorsa per Europa 7 (che probabilmente cerotterà il ch 8 VHF col ch 28 UHF, anche se nessuno lo ha detto nel corso del dibattito). La realtà è che il settore rimane privo di strumenti indispensabili per la sua regolamentazione e il suo funzionamento imparziale e mentre la politica erige le solite scenografie della domenica, sul campo si consumano battaglie fra poveri per la sopravvivenza, con il rischio che a rimetterci – tra le locali – non saranno le piccole e insignificanti reti a mera base pubblicitaria, ma gli editori importanti, maggiormente radicati al territorio e con un palinsesto degno. A tutto ciò dobbiamo aggiungere, poi, il lavoro dell’Agcom, finalizzato ad una revisione del PNAF, che se da una parte è scaturito da validi principi di razionalizzazione delle risorse dall’altra ha scelto tempistiche assai poco felici, vista l’imminenza dello switch off della scottante area tecnica 3 e la totale discordanza con i principi di continuità operativa che costituivano l’asse portante delle delibere in tema di switch off digitale. Per i dietrologi, alle spalle della proposta di un nuovo PNAF da parte dell’Agcom in realtà si nasconderebbe l’esigenza di individuare ulteriori frequenze per il beauty contest e permettere così l’ingresso di SKY nel DVB-T, contro il quale gran parte della schiera dei notabili presenti alla conferenza di DGTVi ha fatto, ovviamente, muro. Nessuno però ha fatto notare come le frequenze del dividendo (28, 55, 54, 58 e H) siano, di fatto, sempre meno utilizzabili perché in parte temporaneamente assegnate a diversi soggetti (spesso dalla magistratura amministrativa che sta cercando di risolvere pasticci politici, giuridici e tecnici, centrali e periferici). Ciò che sconcerta, però, è che è passata del tutto inosservata una dichiarazione, del numero uno di Mediaset, Fedele Confalonieri, più volte ribadita nel corso del dibattito moderato da Vespa: “Abbiamo pagato cifre salate per le risorse che ci sono state assegnate e quindi perché permettere a SKY di utilizzare risorse gratuitamente?”. Pagato cosa? Non ci risulta che ci sia (ancora) stata una gara per l’assegnazione di risorse pubbliche… Alla fine, quindi, abbiamo assistito ad un teatrino, ad uno spot multicolor sulle nuove offerte televisive, perdendo nuovamente l’occasione di fare seriamente il punto della situazione evidenziando, ad esempio, come la situazione lombarda non sia chiara e lineare come vogliono farci credere. L’Ispettorato territoriale lombardo non ha che una fotografia sbiadita dell’assetto reti delle emittenti locali presenti sul territorio. Anni di lassismo operativo (non sempre giustificato da cause oggettive) hanno portato alla cristallizzazione di situazioni non chiare oppure non definite, come le decine e decine di impianti nati da compatibilizzazioni giudiziarie mai ratificate (nonostante l’A.G.O. sia stata chiamata a supplire – suo malgrado – all’inerzia della P.A.), creando posizioni di diritto ora difficili da contestare da parte della P.A. (col rischio che altri giudici, questa volta amministrativi, ci mettano mano). Però si dice che tutto funziona, tutto va bene: l’importante è circondarsi di decoder, telecomandi, televisori di nuova generazione per incrementare il mercato tecnologico. Veniamo ora alle associazioni di categoria, che non si spiega come possano sostenere appieno gli interessi delle emittenti locali se poi fanno riferimento ad un ente esponenziale superiore (o parallelo) che pare più la testa di ponte dei nazionali che un organismo sindacale trasversale. I rappresentanti delle associazioni, di solito lingue taglienti ai tavoli tecnici, questa volta sono rimasti praticamente nell’ombra, limitandosi, alla solita requisitoria contro l’Agcom (e contro SKY) senza per nulla toccare un argomento importante come quello dei consorzi e dell’opportunità per le locali, data la scarsità di risorse a disposizione, di riunirsi fra loro per la condivisione delle frequenze assegnate. Non è un segreto che l’emittenza locale sia troppo parcellizzata per permettere a tutti di giocare un ruolo primario sul mercato, in una situazione di crisi economica e di ingenti investimenti per la realizzazione di una “vera” rete SFN. La verità andrebbe detta tutta senza peli sulla lingua, anche con il rischio di apparire impopolari. Ma, si sa, siamo in Italia, dove quel che si riferisce in pubblico è spesso diverso da quel che si dice a porte chiuse. (M.P. per NL)