Siamo alla resa dei conti. Come da tempo andiamo scrivendo su queste pagine, chi pensava di dormire sonni tranquilli con l’avvenuta assegnazione dei diritti d’uso (temporanei, NB) per le frequenze digitali nelle aree all digital (magari compiaciuto della sventura di qualche concorrente) si sbagliava.
Ma proprio di tanto. Il comparto delle tv locali, accortosi tardivamente dello sgambetto del governo Berlusconi con la vicenda del dividendo esterno (ridestinazione agli operatori tlc dei canali UHF 61 e 69 e "altre risorse eventualmente disponibili" per il potenziamento dell’internet mobile) e dell’attribuzione tardiva e parziale degli identificatori LCN (per i quali sono attesi ulteriori sviluppi negativi), nonché atterrato da uno switch-off del nord Italia pasticciato, si prepara a protestare con spot a tambur battente (come era stato già fatto – inutilmente, invero – la scorsa primavera, in occasione della soppressione delle provvidenze per l’editoria). Tuttavia questa volta c’è qualcosa che non funziona: le medie e grandi tv areali appaiono profondamente scoordinate (tanto che qualcuno comincia a dubitare che siano coordinabili) e potrebbero esserci anche grosse sorprese a riguardo di raggruppamenti fino ad ora mostratisi (apparentemente) solidi. E che quel famoso disegno di cui più volte abbiamo tracciato i contorni su queste pagine stia andando a compimento, appare ormai chiaro anche ad altri osservatori. Per esempio, del cataclisma che sta per colpire il mondo televisivo locale ha dato notizia anche il quotidiano MF-Milano Finanza, che ricorda come le avvisaglie dell’iniziativa repressiva fossero già contenute nella legge di Stabilità, in un cui "dimenticato comma della nuova versione della Finanziaria" l’esecutivo Berlusconi aveva "inserito un codicillo che per i piccoli tycoon televisivi italiani puo’ diventare un siero velenoso: le tv locali, c’e’ scritto, non potranno affittare i loro canali per programmi nazionali, pena pesanti sanzioni". E l’Agcom, sempre entro gennaio 2011, dovrà fissare rigidi paletti per stabilire chi rispetta le regole e chi rischia la revoca delle assegnazioni, dettando “gli ulteriori obblighi dei titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso più efficiente dello spettro e della valorizzazione e promozione delle culture regionali o locali”. L’obiettivo, è chiaro, è quello di far cassa (2,4 mld di euro) sulle spalle delle locali vendendo le frequenze che oggi occupano e costringendo chi non vorrà essere indennizzato attraverso "una percentuale pari al 10 per cento degli introiti della gara stessa e comunque per un importo non eccedente 240 milioni di euro" (da dividersi tra centinaia di operatori) a consorziarsi sulle residue frequenze disponibili “(…) anche mediante la trasformazione del rilascio provvisorio in assegnazione definitiva dei diritti d’uso (…)” (che equivale alla revoca dei diritti d’uso temporanei per coloro che non troveranno spazio). E tutto ciò mentre Mediaset e RAI riceveranno (gratis) due nuovi multiplexer nazionali grazie alla gara non competitiva (beauty contest) del dividendo interno. All’esito della gara del dividendo esterno la mappatura dell’etere locale sarà nuovamente riscritta e non solo per quanto riguarda gli attuali occupanti le frequenze 61/69 UHF, che ovviamente dovranno liberarle. MF-Milano Finanza dichiara di aver "consultato la segretissima mappa nazionale dove si sta consumando la battaglia della tv, ora allo studio dell’Agcom e del ministro dello Sviluppo Paolo Romani". Dalla quale emergerebbe "una realta’ un po’ diversa". Secondo il quotidiano, "i Davide che fronteggiano Golia si sono infatti moltiplicati a dismisura sui nuovi canali digitali proprio grazie alla (ora) vituperata Legge Gasparri, ma offrono sempre gli stessi programmi, togliendo linfa vitale ai colossi di Viale Mazzini e di Cologno Monzese". E quella linfa vitale altro non sono che le frequenze di trasmissione, di cui i voraci player nazionali necessitano per competere con la pay tv satellitare (HD) di Sky, il cui ingresso massiccio sul DTT si cerca di ostacolare in ogni modo, limitando i carrier disponibili, per evitare pericolosissime destabilizzazioni. (M.L. per NL)