Indennizzi per i diritti d’uso DTT limitati: con due sentenze favorevoli sui casi di Canale 11 Telealtaromagna e Canale 9 il Consiglio di Stato mette la parola fine all’annosa interpretazione.
La decisione giudiziale di ultimo grado analizza i criteri di indennizzo per il rilascio delle frequenze televisive, evidenziando contraddizioni normative e irragionevolezza in parte dei principi espressi dal DM 27/11/2020.
Sintesi
Con due sentenze gemelle, il Consiglio di Stato ha rigettato gli appelli presentati dai ministeri delle Imprese e del Made in Italy e dell’Economia e delle Finanze, confermando la decisione del TAR del Lazio che aveva accolto, con diversa motivazione, le doglianze degli operatori di rete Canale 11 – Telealtaromagna S.r.l. e Canale 9 S.r.l., assistite da MCL Avvocati Associati (law firm che cura in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia).
La questione verteva sulla legittimità dei criteri adottati per calcolare gli indennizzi relativi al rilascio volontario delle frequenze DTT, con particolare attenzione al trattamento riservato ai diritti d’uso limitati.
La vicenda giudiziaria
La controversia (di cui ci siamo occupati su queste pagine a marzo di quest’anno) nasce dal decreto ministeriale del 27/11/2020 per la quantificazione degli indennizzi destinati dalla L. n. 205/2017 agli operatori di rete locali per il rilascio delle frequenze DTT destinate alle reti 5G.
Indennizzi risibili a fronte di un servizio radiodiffusivo importante
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy aveva riconosciuto a Canale 11 e Canale 9 un importo calcolato sulla base della popolazione residente nei comuni (uno per una delle società appellate, vittoriose in primo grado) di ubicazione dei diffusori dismessi.
Criteri irragionevolmente penalizzanti
Tuttavia, entrambe le società appellate, già vittoriose in primo grado, ritenevano l’applicazione dei criteri relativi ai commi 11 e 12 dell’art. 3 del DM 27/11/2020 irragionevolmente penalizzanti per gli operatori con diritti d’uso limitati, trovando la condivisione della ragione anche da parte del Consiglio di Stato.
Primo grado favorevole ai ricorrenti
In primo grado, infatti, il TAR aveva accolto i ricorsi per le medesime ragioni, evidenziando comunque la contraddittorietà del sistema normativo.
L’appello
I ministeri, insoddisfatti, presentavano appello, sottolineando che il criterio applicato era conforme al DM e alle specificità del caso.
Le argomentazioni del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha esaminato la questione centrale, ovvero la corretta interpretazione e applicazione dei criteri di indennizzo per i diritti d’uso limitati.
I due fattori di calcolo per gli indennizzi
Secondo il DM 27/11/2020, il calcolo degli indennizzi si basa su due fattori: la popolazione servita e il numero di impianti eserciti.
I criteri di cui all’art. 3 del DM 27/11/2020
La norma di cui all’art. 3 ha previsto, infatti, diversi criteri per diritti d’uso completi, condivisi o limitati.
Segnatamente, il comma 9 per diritti d’uso completi (l’indennizzo si basa sulla popolazione dell’intera provincia); il comma 10 per diritti condivisi (il calcolo divide la popolazione provinciale tra gli operatori presenti); il comma 11 per diritti limitati a più impianti (si considera esclusivamente la popolazione dei comuni dove sono situati gli impianti); il comma 12 per diritti limitati ad un solo impianto (si considera esclusivamente la popolazione del comune dove è situato l’impianto).
Disparità di trattamento
Questa frammentazione ha generato, secondo il TAR e poi il Consiglio di Stato, una disparità di trattamento e una contraddizione intrinseca rispetto ai principi generali del decreto.
Principio generale
Il Consiglio di Stato ha richiamato il principio generale del DM, secondo cui “l’indennizzo dovrebbe essere calcolato tenendo in considerazione la popolazione residente nelle province oggetto dei diritti d’uso”.
Contraddizioni ed irragionevolezza del Regolamento ministeriale
Tuttavia, il supremo consesso di giustizia amministrativa ha evidenziato che i commi 11 e 12, che interessavano i casi trattati, derogavano irragionevolmente a tale principio, limitando il calcolo ai comuni (art. 11) o al comune (art. 12) di ubicazione delle risorse radioelettriche “apparendo oltremodo penalizzante e illogico”.
Il caso di Canale 11
Un esempio emblematico è il caso di Canale 11: sebbene il suo diritto d’uso coprisse le province di Ravenna e Forlì-Cesena, con una popolazione complessiva di centinaia di migliaia di abitanti, l’indennizzo è stato parametrato solo ai residenti del comune di Modigliana, appena 11.137 abitanti.
Formula intermedia che contemperi gli interessi in gioco
Secondo il Consiglio, questa limitazione contrasta con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, apparendo necessario “individuare una formula intermedia che contemperi gli interessi in gioco”, ha concluso il Consiglio di Stato in entrambe le sentenze adottate.
La decisione finale
“In presenza di situazioni eterogenee, non può sussistere disparità di trattamento, ma la regolamentazione deve essere coerente e proporzionata”, si legge nella sentenza che quindi accoglie le ragioni dei due operatori di rete.
Precedente importante
Le sentenze del Consiglio di Stato rappresentano un precedente importante per gli operatori di rete locali, evidenziando la necessità di individuare criteri equi e razionali per tali indennizzi.
Riflessione opportuna
Le decisioni impongono al legislatore e alle autorità amministrative una riflessione sull’armonizzazione delle norme, affinché situazioni analoghe siano trattate in modo uniforme e proporzionato. (E.G. per NL)