Repubblica — 30 gennaio 2009 pagina 28 sezione: ECONOMIA
ROMA – «Mediaset Premium, ancora una volta la scelta giusta». Si chiude con questo slogan a effetto lo spot che spopola tra Canale 5, Italia 1, il Tgcom visibile in Internet. La scelta di Mediaset è quella di tenere fissi i prezzi dei canali a pagamento a dispetto dell’ aumento dell’ Iva dal 10 al 20%. L’Iva insomma raddoppierà (per effetto del decreto anti-crisi del governo Berlusconi), ma i clienti Mediaset non ne pagheranno le conseguenze, perché sarà il colosso tv a farsi carico dell’ aumento. La mossa riguarda le sole tessere easy pay, quelle che richiedono un abbonamento. Quando a novembre il governo annunciò il ritocco dell’ Iva, Sky protestò con energia, ma anche Mediaset si disse preoccupata. Ora quell’ aumento si trasforma in un’ opportunità di marketing per Mediaset, che ci costruisce sopra una campagna pubblicitaria. D’ altra parte, Mediaset può permettersi quello che è invece negato a Sky. Basta fare due conti. Il 22 ottobre 2008, il presidente di Mediaset Confalonieri dice – alla Camera – che gli abbonati alla formula easy pay sono 228 mila. Pochi giorni fa, il quotidiano Il Giornale – certo ben informato perché proprietà della famiglia Berlusconi – rivela che il Natale ha procurato a Mediaset altri 170 mila abbonati. Forse oggi, a fine gennaio, saremo a quota 500 mila. Ognuno di questi clienti avrebbe pagato – supponiamo – una media di 2 euro in più al mese per effetto dell’ aumento dell’ Iva. Se moltiplichiamo 500 mila clienti per 2 euro di aumento Iva a testa, arriviamo alla cifra di un milione di euro al mese. Ammonta, dunque, a circa un milione il costo Iva che Mediaset decide ora di sopportare. E il gruppo è certo in grado di reggere la “botta”. Viceversa, se anche Sky decidesse domani di farsi carico per interno dell’ aumento dell’ Iva, l’ impatto sarebbe maggiore fino a 20 volte. Sarebbe, cioè, di almeno 20 milioni. Saccà e la Corte dei Conti – Novità anche da Viale Mazzini. La Guardia di Finanza ha notificato alla Rai una lettera ufficiale del viceprocuratore Di Stefano. Il magistrato della Corte dei Conti sospetta che la televisione di Stato abbia subìto un danno economico dal mancato licenziamento dell’ ex capo di Rai Fiction, Agostino Saccà (investito dallo scandalo delle intercettazioni). Per questo, il magistrato chiede tutte le carte che riguardano il caso ed anche i verbali del consiglio d’ amministrazione della Rai del 16 luglio. Quel giorno, il direttore generale Cappon chiese ai consiglieri di amministrazione che Saccà venisse allontanato. Ma Saccà si salvò grazie all’ astensione di Staderini (area Casini) e Curzi (Rifondazione). Ora la Corte dei Conti vuole ricostruire i fatti e ha intanto convocato Cappon per l’ 11 febbraio. All’ origine della istruttoria della Corte dei Conti, c’ è un esposto della Associazione Articolo 21. – ALDO FONTANAROSA