Quali sviluppi per i soggetti che non troveranno spazio sul televisore dopo il processo di refarming?
Cosa succederà ai marchi/palinsesti che non troveranno spazio sui nuovi mux DTT? Mentre entra nella fase finale il processo di refarming della banda 700 MHz in Sardegna, area pilota, come fu oltre dieci anni con lo switch-off analogico/digitale, si cominciano a valutare le contromisure per coloro che non avranno accesso sul digitale televisivo terrestre di seconda generazione.
Senza sbocco sui nuovi mux tra il 25 ed il 75% dei titoli preesistenti ai bandi
“Riteniamo congruo stimare che, a seconda delle aree tecniche, rimarranno senza sbocco sul digitale televisivo terrestre una percentuale di titoli FSMA assentiti prima dei bandi ex L. 205/2017 compresa tra il 25 ed il 75%”, commenta Giovanni Madaro, economista di Consultmedia, che ha assistito tra operatori di rete e fornitori di servizi di media audiovisivi circa 300 soggetti nelle varie fasi della procedura di refarming.
I tagli causati dal taglio
Soprattutto a causa del controverso vincolo legato al taglio minimo di capacità trasmissiva acquisibile (1,5 Mbit/s, elevato dal Mise rispetto al limite di 1,0 Mbit/s indicano da Agcom), mediamente, quindi, il 50% degli attuali FSMA, se vorrà continuare a svolgere l’attività televisiva, dovrà dirigersi su soluzioni diverse rispetto alla veicolazione su mux DTT areali.
Sviluppi nazionali, per pochi
“Una strategia che abbiamo proposto a fornitori di contenuti che avevano già un interesse sovralocale, cioè marchi/palinsesti diffusi su molte regioni, è stata quella di assumere una connotazione nazionale, acquisendo autorizzazioni FSMA con annessi LCN per tale ambito”, continua Madaro. “Si è trattata, ovviamente, di una cerchia molto ristretta di soggetti che avevano già una dimensione editoriale e finanziaria compatibile con un rinnovato assetto di questo tipo, evidentemente dispendioso (anche se meno rischioso)“.
Sat
“Qualche altro soggetto ha, nelle more, deciso di investire sul satellite. Tuttavia, i costi comunque rilevanti e la platea potenziale (10 mln di utenti, circa 4,6/4,8 mln Sky e 3,4/4,5 mln Tivusat, ndr) hanno generalmente registrato interessi tiepidi in tale direzione“, continua il consulente.
HBBTV
“Decisamente più interesse hanno invece riscontrato gli sviluppi della HBBTV, sia per i costi contenuti che per l’enorme sviluppo che stanno avendo le smart tv, spinte dal rinnovamento del parco dei televisori (legato proprio al refarming della banda 700 MHz, ndr) e soprattutto dall’espansione delle piattaforme di streaming video on demand come Netflix, Prime Video, Rakuten, Disney, ecc.”, evidenzia l’economista.
DAD, smart working e servizi amministrativi digitali sviluppatori della tv via IP
La pandemia ha infatti esponenzialmente esteso la connettività nelle abitazioni, anche e soprattutto per esigenze di DAD, smart working e servizi amministrativi digitali. Logica conseguenza di ciò è stata che un vasto pubblico, fino a poco tempo fa restio all’utilizzo di tecnologie IP ha dovuto, giocoforza, adattarsi alle necessità.
Gate d’ingresso
Il problema fondamentale rimane tuttavia quello della semplicità di utilizzo e la HBBTV, alla prova dei fatti, costituisce un ideale ponte tra il modello LCN, inteso in questo caso come gate di ingresso, e il mosaico di contenuti tipico delle piattaforme di streaming on demand”, sottolinea Madaro.
Post test
“Insieme al nostro partner Mainlink, abbiamo affinato proposte per la Hybrid Broadcast Broadband Tv in nazionale, avviando sperimentazioni che stanno uscendo ora dalla fase di test per entrare in quella di operatività stabile”, interviene Massimo Rinaldi, ingegnere di Tecnomedia, braccio tecnico di Consultmedia, di cui cura l’area di sviluppo tecnologico.
Rintracciabilità
“D’altra parte, gli indicatori sono coerenti: mentre il sat ed il DTT, quand’anche di nuova generazione, sono destinati a vedere erosa progressivamente la propria penetrazione nelle case, gli sviluppi IP sulla tv registreranno una crescita costante nei prossimi anni. Il problema, come detto, è solo quello della rintracciabilità dei contenuti da parte degli utenti. E’ su questo che occorre concentrare l’attenzione. Ma non è una novità: è la regola del web”, conclude Rinaldi. (E.G. per NL)