No, questa volta Gabriele D’Annunzio non c’entra nulla, non v’è nessun aereo e nessun appello per partire a riprendersi Istria e Dalmazia.
Non si tratta nemmeno di una riedizione delle manie di grandezza dell’epoca futurista voluta dal ministro La Russa, uno che coi futuristi ha prudentemente deciso di non andarci. Questa volta si tratta del digitale terrestre e delle frequenze involontariamente scippate da emittenti italiane di confine alle corrispettive stazioni croate a seguito di attribuzione scoordinate del MSE-Com. Per capire le ragioni del timballo che rischia di innescare effetti sulle relazioni diplomatiche tra i paesi occorre fare un salto indietro nel tempo di quasi un lustro. Nel 2006, infatti l’Unione internazionale per le Tlc (UIT) decise, in occasione del periodico consesso di Ginevra, che, al contrario che tutte le restanti regioni d’Italia che avrebbero avuto a disposizione 55 frequenze tv, al Veneto e al Friuli, territori che confinano con la Slovenia e la Croazia, ne sarebbero andate solo 27, perché le restanti avrebbero dovuto essere suddivise, appunto, tra i due Paesi dell’ex Jugoslavia. Seppur con qualche naso storto, la questione restava in relativo silenzio sino allo scorso giugno 2010, quando, in occasione del tristemente celebre Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze, il MSE-Com, di concerto con l’Agcom, decise che le ventisette frequenze a disposizione delle due regioni sarebbero finite alle voraci emittenti nazionali, lasciando, in sostanza, all’asciutto le tv locali della zona (in barba alla legge 249/1997 ed alle delibere dell’Agcom, che prevedevano l’assegnazione di un terzo delle frequenze pianificabili alle emittenti televisive locali). Di lì in poi la questione è nota: l’attivissimo non ancora ministro allo Sviluppo Economico Paolo Romani, paladino delle tv locali, promette che con i vicini di casa ci parla lui e risolve tutto. E così è: Romani va e torna con l’accordo. Tutti contenti e nessun insoddisfatto perché, grazie ad una matematica fatta opinione, le frequenze si sono improvvisamente moltiplicate e ora di spazio ce n’è da vendere. Seguono plausi, tributi e ringraziamenti a Romani dalle associazioni delle emittenti locali. Il prevedibile (e previsto) triste risveglio si è però concretato ne giorni scorsi, quando il ministro degli Esteri croato, Gordan Jandrokovic, ha scritto al suo collega italiano, Franco Frattini, denunciando ufficialmente che nelle zone di confine, nell’Istria, nella Dalmazia e a Zara, le trasmissioni digitali italiane interferiscono pesantemente con quelle del luogo. E non si tratta di debordo naturale dei segnali, perché, secondo Jandrokovic, le nostre stazioni avrebbero indebitamente occupato lo spettro assegnato alla Croazia nel 2006 dall’UIT giungendo sul territorio estero con segnali così forti da annientare le emissioni sovrane. Situazione che peraltro è destinata a peggiorare ulteriormente perché “nei primi mesi di quest’anno una serie di regioni italiane passerà completamente al segnale digitale” (cioè le regioni che s’affacciano sul mar Adriatico) aumentando esponenzialmente le turbative. Così, si legge nel comunicato diramato da Zagabria, “il ministro Jandrokovic ha chiesto al ministro Frattini di stimolare tra le istituzioni competenti dei due Paesi lo scambio di informazioni in materia e in questo modo trovare una soluzione alle interferenze a agli eventuali disturbi futuri nella ricezione dei segnali televisivi”. Soluzione che – manco a dirlo – consisterà nelle riduzione dei segnali italiani non coordinati (le famose frequenze che Paolo Romani aveva "recuperato" questa estate). Incidentalmente si è peraltro appreso che già a dicembre l’Ente nazionale croato per le poste e le comunicazioni elettroniche aveva denunciato il fatto alle nostre autorità, senza ottenere alcuna risposta e senza che nessun organo italiano né alcun mezzo d’informazione avesse reso noto l’accaduto. Negli ultimi giorni, poi, le agenzie competenti inviate dal governo di Zagabria avevano condotti puntuali rilievi radioelettrici scoprendo che, appunto, il problema risiedeva in quella che è stata definita sostanzialmente come un’occupazione indebita di frequenze altrui da parte di alcune emittenti italiane. In realtà, il problema delle interferenze e della sovrapposizione dei canali non solo è reciproco, ma esisteva già in epoca analogica ed entro certi termini è fisiologico. Sul blog di Tom’s Hardware, infatti, un utente marchigiano, che vive nel Pesarese, conferma quel che ogni operatore sa e cioè che le turbative si manifestano anche al contrario, e non solo dall’avvento del digitale. “Il problema non è solo per gli istriani – scrive – ma è di tutta la costa adriatica. Molte piccole emittenti locali adriatiche sono imbufalite perché le loro frequenze digitali sono sovrastate dai canali in lingua slava. Per esempio a casa mia vedo benissimo: HRT1/2/3/4 – Mova T e altri 3 canali stranieri sul Digitale. Ovviamente non capisco una parola. Però emittenti locali che già dovrei vedere, non ne prendo mezza. Ad ogni modo il problema esisteva anche con l’analogico. D’estate nelle mie zone (Pesaro e dintorni, ndr) prende meglio HRT che Italia1”. Un utente friulano conferma che anche nella sua zona “si prendono diversi canali sloveni e croati”. “Mi sembra un problema risolvibile comunque. – ribatte – A patto di una (evviva!) risintonizzazione di tutti i decoder, per la gioia di chi vuole accendere la TV e averla funzionante e il tasto MENU non sa nemmeno dov’è (il 90% delle persone con età maggiore di 55 anni)”. "Piuttosto la cosa triste – conclude il telespettatore – è che quasi tutto quello che ci arriva da là è in HD, mentre qui in alta definizione abbiamo tre canali in croce”. “Poveracci – replica, infine, un altro – non li invidio proprio. Vedere quello che trasmettono in tv in Italia non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico”. Ma non sarà un problema destinato a trascinarsi molto, perché presto le emittenti (italiane) interferenti riceveranno dal MSE-Com dei drastici ordini di eliminazione delle interferenze. E allora, letteralmente, chi si è visto si è visto. (L.B. per NL)