"Imbarazzante". Così è stato definito dal viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli il fatto che l’Italia, insieme all’Iran, sia tra gli osservati speciali dell’UIT perché evidentemente inaffidabile sul piano della gestione delle frequenze tv.
Intervenuto al Radio Tv Forum che si sta svolgendo in questi giorni a Roma, Giacomelli ha toccato il tasto incandescente dell’imminente disattivazione degli impianti DTT incompatibili con le emissioni estere. Canali che, per la quasi totalità, sono stati assegnati (per usare un eufemismo, "incautamente") alle tv locali. Il viceministro non ha però fornito le rassicurazioni di facciata al tempo impiegate da Paolo Romani per accomodare le associazioni di categoria che – con ingiustificabile superficialità – avevano prestato il loro assenso a raffazzonate procedure di assegnazione frequenziale: "Tutte le frequenze assegnate dall’Italia dovranno essere coordinate a livello internazionale e iscritte al registro di Ginevra". Come dire, tertium non datur: se non c’è certezza di una compatibilità radioelettrica assoluta, nessuna emissione avrà luogo dall’Italia. E chi non spegnerà accettando l’indennizzo proposto (20 mln di euro complessivi, assolutamente insufficienti visto il numero elevato degli operatori coinvolti), dovrà vedersela dopo il 31/12/2014 con la Polizia delle Comunicazioni (salvo provvedimenti sospensivi della magistratura, ovviamente). Tuttavia, la posizione intransigente prevista dal legislatore per evitare il protrarsi delle lamentele dei paesi confinanti si scontra con la previsione di legge della garanzia di 1/3 delle risorse radioelettriche pianificate agli operatori locali. E in Veneto e in Puglia, espungendo i canali incompatibili con gli stati esteri, la provvista per le locali andrebbe decisamente al di sotto del terzo delle frequenze. Unica soluzione per ovviare a tale problema sarebbe quella di aggredire anche i canali delle nazionali (attualmente 21), oppure, di destinare al comparto tv locale le frequenze residuate dalla fallimentare assegnazione del dividendo interno. Canali, questi ultimi, però, a loro volta parzialmente incompatibili con le emissioni dei confinanti e comunque insufficienti per garantire il rispetto del terzo del complesso al comparto tv locale (anche perché si tratta dei medesimi canali da utilizzare sulla stessa area e quindi non frammentabili oltre certi limiti su utilizzatori diversi). In realtà, a breve dovrà essere liberato anche il segmento di banda da 49 a 60 UHF, destinato (come i canali dal 61 al 69) al potenziamento della tecnologia LTE per lo sviluppo della banda larga mobile, con la conseguenza che l’intero piano di assegnazione (quindi nazionali comprese) dovrà essere riscritto… Pare quindi scontata la decisione di favorire una dolce morte del comparto tv locale, attraverso una rideterminazione di indennizzi, contributi, provvidenze, e l’accellerazione dell’introduzione del DVBT-2, che, grazie alla maggior disponibilità di capacità trasmissiva, potrebbe consentire la sopravvivenza di quei fornitori di contenuti che, dopo l’epurazione dei network provider, non troverebbero più spazio (il condizionale è d’obbligo, posto che, al netto di doppioni e occupazioni di facciata o agonizzanti, il panorama non pare vastissimo). Un supporto a quest’ipotesi di lavoro potrebbe consistere nel favorire l’affermazione dei content provider tv locali non necessariamente ancorandoli al DTT, attribuendo misure di sostegno orientate anche agli operatori televisivi sul web e sul sat, ove essi non trovassero posto sul digitale terrestre. (M.L. per NL)