L’Italia deve predisporre urgentemente, senza perdere altro tempo, un piano preciso per “consentire la transizione delle frequenze 700 Mhz ai servizi di comunicazione a larga banda senza fili anche con l’orizzonte al 2022”.
Sì, perché anche con la concessione parzialmente ottenuta (si attende parere definitivo del Parlamento europeo a fine anno) dei famosi due anni di tolleranza, il lavoro da fare è tanto e non ci può concedere di prendersela comoda. Questo è il parere di Angelo Marcello Cardani, presidente di Agcom, il quale ha parlato alla Camera in occasione della presentazione della Relazione annuale dell’Autorità. Ciò che Cardani auspica, è che sia i broadcaster televisivi sia gli operatori telco non perdano tempo rimandando il problema e producano una tabella di marcia precisa per giugno 2017; in pratica, a seguire il parere del presidente Agcom, la tanto decantata vittoria italiana di due anni di tolleranza non è servita a nulla, dato che era sempre per giugno 2017 che l’UE aveva chiesto agli stati membri di presentare il loro piano d’azione. Come già discusso più volte su questo periodico, le pressioni del commissario all’Economia Digitale Gunther Oettinger per rendere la banda dei 700 MHz disponibili alle telco per il 2020, non hanno mai incontrato i favori dei broadcaster italiani; in parte perché questi sono titolari di autorizzazioni che scadono fino al 2032, in parte perché ancora non è chiaro come si farà a permettere a tutti loro di spostarsi nella banda sub-700 (nonostante le soluzioni abbondino) e, infine, per il mal celato timore di perdere il loro potere derivante dall’essere sia produttori di contenuti sia diffusori degli stessi. Anche gli operatori telco, tuttavia, non fremono dall’ansia per saltarsi alla gola in un’altra asta per le frequenze; unica eccezione è Telecom, che si è detta pronta a partire già a fine maggio scorso, probabilmente trainata anche dal suo nuovo azionista di maggioranza che non si crea problemi, ormai dovrebbe essere chiaro, a mettere mano al portafogli. Ad onor del vero, tuttavia, nonostante alcuni di questi operatori richiedano ad Agcom di individuare metodi di assegnazione differenti rispetto ad un’altra sanguinosa asta al rialzo, bisogna sottolineare come la fusione fra Wind e Tre dovrebbe produrre un nuovo operatore economicamente sano e portarne uno nuovo, Free Mobile, nel mercato; presumibilmente, se si considera quanto sostenuto da Telecom un mese fa, i presupposti per l’asta dovrebbero esserci. Persino Confindustria Radio Televisioni ci ha deliziato proprio questa mattina con un’agile manovra fatta dal suo presidente Franco Siddi, il quale ha dichiarato a Il Sole 24 Ore (notizia rilanciata anche dal sito della borsa italiana) che, sebbene i due anni di tolleranza siano “un caso di successo dell’Italia”, adesso è necessario, al fine di tutelare “gli investimenti delle imprese e dei cittadini, definire in tempi ravvicinati una roadmap della transizione, anche alla luce delle scadenze fissate dalla Ue” per riuscire ad affrontare quello che è “un processo complesso e urgente”; tutto questo mentre, qualche mese fa, la stessa associazione sosteneva come la proposta non prendesse “in considerazione le specificità che la tv digitale terrestre ha in alcuni Paesi europei come l’Italia” oltre che il “ruolo e l’importanza della tv digitale terrestre, mezzo ancora più efficiente, più diffuso e più capillare per la fruizione dei contenuti audiovisivi in chiaro”. In sostanza, le nostre istituzioni, gli operatori (televisivi e telco) e le varie associazioni, hanno speso gli ultimi cinque mesi (la notizia della direttiva europea si è diffusa a inizio febbraio) a cercare di ottenere un traguardo che non ha cambiato di una virgola la road map da seguire, piuttosto che spendere lo stesso tempo per iniziare a discutere il problema. (E.V. per NL)