Gli operatori di rete nazionali e locali una volta tanto sono d’accordo: la decisione europea di rimuovere le emissioni tv dalla banda a 700 MHz entro il 2022 per far posto allo sviluppo della banda larga non tiene conto della specificità italiana.
Per questo le tv chiedono al Governo di farsi promotore di una richiesta all’UE di rivedere il termine ultimo per il rilascio della banda a 700 Mhz ai servizi mobili a larga banda al 2022, estendendolo, in conformità alle previsioni del Rapporto Lamy, fino al 2030, salvo un check sulla rivalutazione tecnologica e di mercato al 2025. Sono queste le conclusioni esposte dal rappresentante di Confindustria Radio Televisioni in audizione ieri presso la Commissione IX Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati sulla Proposta di Decisione della Commissione Ue sull’utilizzo della banda UHF 470-790 MHz nella UE (Com 2016 43 def) sul quale il Parlamento dovrà pronunciarsi con un atto di indirizzo di merito e di sussistenza dei requisiti di sussidiarietà e proporzionalità in relazione ai trattati internazionali. Per l’ente esponenziale è indispensabile che il processo di elaborazione da parte di Mise ed Agcom di un percorso di switch-off condiviso e coordinato con i Paesi confinanti (in particolare la Francia) preveda da subito, un tavolo di confronto politico-istituzionale, in grado di governare il processo, salvaguardando le esigenze dei cittadini e delle imprese del settore. "La proposta di decisione della Commissione Europea, nella sua attuale formulazione – ha spiegato in audizione Confindustria Radio Tv – non prende infatti in considerazione le specificità dell’Italia e la sua identità culturale, non tenendo nel debito conto il ruolo e l’importanza della Tv digitale terrestre quale mezzo più efficiente, più diffuso e più capillare per la fruizione dei contenuti audiovisivi in chiaro. Oggi la Tv digitale terrestre in Italia rappresenta infatti l’unica offerta gratuita per 18 milioni di famiglie su 24 milioni e in Europa raggiunge 250 milioni di cittadini". Per il portatore di interessi diffusi "un passaggio tecnologico non graduale e non coordinato costringerebbe, da un lato, gli operatori a rivedere i propri piani industriali e finanziari – in tempi stretti economicamente non sostenibili – e, dall’altro, le famiglie a sopportare i costi di un nuovo switch-off tecnologico. Una soluzione di sistema richiede quindi equilibrio tra disciplina tecnica, esigenze industriali e valore sociale della televisione, assolutamente centrale, che, se non adeguatamente considerati e tutelati, metterebbero a rischio il sistema della tv nazionale e locale free". (E.G. per NL)