DTT, Legge Stabilità 2016, canone frequenze. Meta (PD): “Sia Mise e non Agcom a fissare valori”

Tra gli emendamenti alla Legge di Stabilità, ben due riaprono il caso delle frequenze Tv, questione spinosa che coinvolge da vicino e in particolare gli interessi di Rai e di Mediaset: la proposta, avanzata da Michele Meta (Pd), Presidente della Commissione Trasporti della Camera, spinge affinché sia proprio il Ministero dello Sviluppo Economico a stabilire quale canone debbano versare allo Stato grandi, medie e piccole tv per l’utilizzo delle frequenze assentite.

Se l’Aula approvasse le proposte di modifica alla manovra, non sarebbe più l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) a stabilire il canone per l’utilizzo delle frequenze: a settembre 2014, una delibera del Regolatore aveva cestinato la norma della Finanziaria 2000 che imponeva agli editori di versare l’1% del fatturato come canone per antenne e frequenze, portando Rai e Mediaset a spendere fino a 20 mln di euro (in ragione dell’evidente maggiore fatturato). Con la decisione presa l’anno scorso, invece, Agcom aveva stabilito che il canone avrebbe dovuto essere calcolato sulla base del potenziale dei diritti d’uso, a prescindere dal fatturato: se i superplayer hanno tirato un bel sospiro di sollievo, per gli editori emergenti si è parlato di vera e propria “stangata”. Se la proposta di Meta venisse definitivamente approvata, il Mise avrebbe a disposizione due mesi (dall’approvazione della Legge di Stabilità) per stilare un nuovo tariffario, che sia idoneo, tra l’altro, a ricomprendere le rigide prescrizioni dell’Unione Europea, la quale aveva recentemente chiesto, in una sorta di lettera-diffida, di non accordare alcun tipo di favoritismo a Rai e Mediaset, società verticalmente integrate che avrebbero sicuramente tratto benefici smisurati dalla decisione pregressa: editori, continua l’Ue, che intrecciano due tipi attività (fare programmi tv e gestire le antenne), moltiplicando il loro potere. Senza contare che l’Unione Europea non ha mai chiuso la procedura d’infrazione che pende sull’Italia, accusata di favorire eccessivamente gli editori storici con la legge Gasparri (L. 112/2004). (S.F. per NL)

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