Cinque anni di esercizio (ed altrettanti di preparativi) e milioni di euro buttati via. Sarebbe questa la conclusione dell’incredibile vicenda della numerazione automatica dei canali se veramente si decidesse di riscrivere il tutto nella modalità più pragmatica, che avevamo sostenuto già nel 2009 su queste pagine: quella della numerazione a tre cifre, sul modello vincente di Sky.
Al tempo avevamo sottolineato come l’utilizzo della triplice cifra avrebbe consentito di superare a piè pari ogni forma di contestazione sulle assegnazioni, perché ogni associazione numerica avrebbe avuto medesima dignità di memorizzazione, evitando rendite di posizione con la premiazione del mero contenuto. Non andò purtroppo così, con l’incomprensibile contributo delle associazioni di categoria delle tv locali che fecero il gioco dei superplayer Mediaset, RAI e Telecom Italia, di fatto tagliando le gambe ai propri iscritti. Ma, paradossalmente, tale scelta si girò contro gli stessi grandi content provider, che videro (e vedono) scarsamente frequentati i prodotti nativi digitali relegati su posizioni maggiori di LCN 35/40 (dove al massimo si spingono gli utenti con i tasti di progressione della ricerca) con conseguenze deleterie sul consolidamento di canali tendenzialmente meritevoli. Ora, però, si è alla resa dei conti: schiacciata dalle decisioni dei giudici amministrativi che, ancora una volta, hanno bocciato piani di assegnazione LCN giuridicamente prima che tecnicamente fallaci, Agcom deve uscire dall’angolo e per farlo pare che stia seriamente ripensando a quella soluzione frettolosamente scartata agli esordi. L’ipotesi di una numerazione a tre cifre sarebbe infatti al vaglio in seno all’Autorità nelle more della proroga (fissata dall’odg del consiglio del 21/01/2014) della cassata (dal Consiglio di Stato) delibera 237/13/CONS che aveva malamente riscritto l’annullata delibera 366/10/CONS; proroga necessaria per evitare un far-west nei decoder dei telespettatori. Si ricorderà, infatti, che con sentenza n. 6021/2013, depositata in data 16/12/2013, il Consiglio di Stato aveva accertato l’inottemperanza dell’Agcom al giudicato formatosi sulla sentenza dello stesso Consiglio di Stato n. 4660/2012 (con la quale era stata annullata la delibera Agcom n. 366/10/CONS con il relativo Piano LCN). Con il medesimo provvedimento, il CdS aveva altresì dichiarato la nullità della delibera Agcom n. 237/13/CONS e il relativo II Piano Lcn nella “misura in cui ha disposto la assegnazione dei numeri 8 e 9 del sistema Lcn a canali generalisti ex analogici”. A dirla tutta, la sfiducia dei giudici amministrativi nei confronti del pessimo lavoro svolto dall’Autorità sul punto permeava la sentenza fino a prevedere la nomina di un commissario ad acta (Marina Ruggieri, docente di tlc all’Università di Tor Vergata) che si sostituisse all’amministrazione inadempiente e che in tre mesi (dall’accettazione dell’incarico) avrebbe dovuto analizzare i risultati dell’indagine sulle abitudini dei consumatori prima dell’entrata in vigore della Delibera 366/10/CONS ed eventualmente chiederne un’altra per poi pronunciarsi. Vedremo. (M.L. per NL)