DTT, LCN: ecco la seconda sentenza del TAR Lazio che ha annullato la Delibera Agcom 366/10/CONS

I giudici amministrativi laziali, con una seconda sentenza datata 14/07/2011 e depositata in segreteria il 01/08/2011, hanno ribadito l’annullamento della delibera n. 366/10/CONS, con cui l’Agcom aveva emanato il piano di numerazione automatica dei canali della DTT, nonchè le determinazioni del MSE-Com in materia di attribuzione della posizione LCN.

Come già noto, anche questa sentenza è stata appellata al Consiglio di Stato dall’Agcom con un’istanza per il conseguimento di una misura cautelare straordinaria (cd. decreto inaudita altera parte) mirata a sospenderne l’efficacia nelle more della discussione dell’istanza cautelare in camera di consiglio. Ciò premesso, entrando nel merito del ricorso, la società Italiana Televisioni, titolare del marchio “Canale 34 TeleNapoli” ed autorizzata quale operatore di rete e fornitore di contenuti, con il gravame de quo impugnava la delibera n. 366/10/CONS del 15/07/2010, pubblicata sulla G.U. del 10/08/2010, con cui l’intimata Agcom aveva emanato il piano di numerazione automatica dei canali della tv digitale terrestre, in chiaro e a pagamento, nonché le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre e le relative condizioni di utilizzo. La ricorrente, in particolare, riteneva l’illegittimità della parte del Piano con cui erano stati attribuiti alle tv locali gli identificatori LCN dal 10 al 19; dal 71 al 99; dal 110 al 119; dal 171 al 199; dal 210 al 219; dal 271 al 299; dal 601 al 699, sulla base del punteggio conseguito negli ultimi tre anni nella rispettiva graduatoria Corecom, lamentando, in proposito, l’ingiusto sconvolgimento di assetti basati sulle indagini di ascolto con effetti penalizzanti delle scelte degli utenti, oltre che delle proprie aspettative. Con i seguenti articolati motivi di ricorso la ricorrente deduceva: 1) violazione e falsa applicazione del d. lgs. n. 177/2005, come modificato dal d. lgs. n. 44/2010; della legge n. 249/1997; del d. lgs.n. 259/2003; 2) violazione del principio di legalità e di imparzialità dell’azione della P.A.; 3) violazione della Convenzione Europea dei diritti umani; 3) violazione dei principi comunitari di libera concorrenza nei settori delle telecomunicazioni; 4) eccesso di potere; 5) illogicità; 6) disparità di trattamento; 7) manifesta ingiustizia; 8) sviamento; 9) violazione del giusto procedimento. I criteri individuati dall’Agcom per la collocazione automatica nella numerazione, secondo la ricorrente, erano idonei a produrre effetti opposti a quelli indicati dalla normativa di settore, in quanto penalizzavano fortemente le emittenti locali che, al momento dello spegnimento del segnale analogico, detenevano un ruolo ed una rilevanza che al momento, a causa del posizionamento delle medesime emittenti su numerazioni diverse, lontane dal primo arco di numeri, risultavano depotenziate. Non potevano, pertanto, essere utilizzate le graduatorie Corecom, non previste dalla legge, la cui partecipazione, tra l’altro, era del tutto facoltativa, in quanto queste non tenevano conto dei criteri legislativamente fissati, mentre l’Agcom avrebbe dovuto fare riferimento alla storicità delle emittenti e, non essendo disponibili nell’anno 2006 i dati sulla presintonia del telecomando forniti dall’Auditel, avrebbe dovuto utilizzare le indagini di ascolto relative agli anni 2007-2008-2009, dati, questi ultimi sufficienti a verificare le preferenze e le abitudini degli utenti. Inoltre, non era stata tenuta in conto la facilità di reperimento delle emittenti locali, basata sulla consuetudine del c.d. “zapping” (che è di normale utilizzo per il telespettatore fino ad una numerazione limitata). Ancora, non potevano essere utilizzate come criterio le graduatorie Corecom in quanto inadatte a registrare le abitudini, le preferenze e il radicamento sul territorio, su cui, peraltro, con riferimento alla regione Campania, pendevano procedimenti giurisdizionali. Non sussistendo alcun termine entro cui adottare la regolamentazione del Lcn, nonostante la rappresentata urgenza di provvedere, l’Agcom non poteva stravolgere, come ha fatto, i criteri indicati dalla legge. antenne%20UHF%20e%20FM%20Corato%20Murgetta%202 - DTT, LCN: ecco la seconda sentenza del TAR Lazio che ha annullato la Delibera Agcom 366/10/CONSL’illegittimità della scelta, quale parametro di assegnazione della numerazione automatica, delle graduatorie Corecom era confermata dal rilievo che esse erano il risultato di due fattori di assegnazione del punteggio: numero di dipendenti e fatturato, con la conseguenza che erano state premiate le emittenti che trasmettevano prevalentemente televendite, a discapito delle aziende televisive che, invece, trasmettevano solo servizi di informazione e giornalistici. Da tanto discende la disparità di trattamento e la contraddittorietà delle scelte della stessa Autorità, in violazione, peraltro, dell’art. 8, direttiva 2002/21/CE, recepita a livello nazionale dal d. lgs. n. 259/2003, ponendosi gli atti dalla stessa adottati in rapporto di incompatibilità con la legge regolante il settore delle telecomunicazioni. Le lamentate illegittimità si evidenziavano, peraltro, dall’esame delle valutazioni operate con riferimento alle emittenti nazionali, nei cui confronti sono stati valorizzati la storicità e i dati di ascolto di aprile – giugno 2010, mentre per l’assegnazione delle numerazioni alle emittenti locali non si è fatto riferimento né alla data di inizio dell’attività, né agli ascolti certificati Auditel degli ultimi anni. Da ciò discende: 1) la disparità di trattamento rispetto alle emittenti locali, pure operanti nello stesso settore di mercato. Gli effetti prodotti dalle rilevate illegittimità riverberavano, in concreto, sulla concorrenza, essendo inibito all’emittenza locale l’accesso ai posti di numerazione conseguenti alla corretta applicazione della legge ed ai criteri oggettivi con la stessa predeterminati, mettendo a rischio, se non inibendo, un effettivo, trasparente e non discriminatorio confronto competitivo; 2) la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 177/2005, come modificato dal d. lgs. n. 44/2010; della legge n. 249/1997; del d.lgs. n. 259/2003; 3) la violazione del principio di legalità e di imparzialità dell’azione della P.A.; 4) la violazione della Convenzione Europea dei diritti umani; 5) la violazione dei principi comunitari di libera concorrenza nei settori delle telecomunicazioni; 6) l’illogicità; 7) la disparità di trattamento; perplessità; eccesso di potere; difetto di motivazione e di istruttoria, nonché la simulazione procedimentale. Sotto ulteriore profilo, era denunciato dalla ricorrente come illegittimo l’utilizzo delle graduatorie Corecom sulla base dello scarso tempo a disposizione per la ricerca di criteri alternativi, non essendo tale circostanza contemplata dalla legge quale presupposto legittimante la deroga ai parametri ordinatori tipizzati. Il meccanismo prescelto comportava che gli utenti non erano più in grado di ricercare e scegliere i programmi e rispettare le abitudini acquisite nella fruizione di programmi precedentemente trasmessi in tecnica analogica, con particolare riferimento al passaggio al digitale relativamente alle emittenti locali. La ricorrente concludeva così la propria istanza chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato. Con motivi aggiunti la società ricorrente aveva impugnato, altresì, il decreto del 22/12/2010 con cui il Ministero dello sviluppo economico aveva attribuito alla medesima il numero 187, con penalizzazione della possibilità di conservare i precedenti assetti di ascolto, per essere relegata su numerazione normalmente non utilizzata abitualmente dai telespettatori, in contrasto con le loro radicate abitudini. Deduceva avverso la determina ministeriale vizi di illegittimità derivata per illegittimità della delibera Agcom, oggetto di impugnativa dell’atto introduttivo, riproponendo, pertanto, le medesime censure. Deduceva, altresì, vizi di illegittimità propria sotto i seguenti profili: 1) Violazione del d. lgs. N. 177/2005, come modificato dal d. lgs. n. 44/2010; della legge n. 249/1997; del d. lgs. n. 25/2003; 2) la violazione del principio di legalità e di imparzialità dell’azione della P.A.; 3) violazione della Convenzione Europea dei diritti umani; 4) violazione dei principi comunitari di libera concorrenza nei settori delle telecomunicazioni; 5) eccesso di potere; illogicità, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia, sviamento e violazione del giusto procedimento. Il ministero aveva adottato un provvedimento d’urgenza, pure non sussistendone la necessità, tenuto conto che la digitalizzazione completa delle trasmissioni televisive nell’intero territorio nazionale si stava attuando con i tempi e modalità dettate dal DM 10/09/2008, che, invece, determinava in capo alle emittenti televisive locali delle Regioni un repentino sconvolgimento del proprio assetto operativo e conseguenze pregiudizievoli enormi sul rapporto delle stese con i propri utenti. L’imposto abbandono alle emittenti locali, che opervano nelle Regioni che già avevano effettuato il c.d. switch-off, della propria posizione storica nella programmazione numerica determinerà la totale anarchia tra emittenti e lo spaesamento dell’utenza, con perdita degli storici telespettatori. Per quanto concerneva la violazione dell’art. 32, commi 3 e 4 del d. lgs. n. 177/2005 e dell’art. 11, comma 8, delibera n. 366/10/CONS, nonché l’eccesso di potere: era illogica la previsione di sanzioni in caso di mancato utilizzo della numerazione assegnata sulla base di un sistema di assegnazione diverso rispetto a quello definito per legge, e perciò illegittimo. Concludeva la ricorrente chiedendo l’annullamento anche dell’atto da ultimo impugnato con motivi aggiunti. Si costituiva in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, in difesa dell’Agcom e del Ministero dello sviluppo economico, per resistere al ricorso. Si costituiva, altresì, in giudizio, la società “Videonola” evocata in giudizio con l’atto per motivi aggiunti, che ne aveva eccepito l’inammissibilità per difetto di contradditorio, e, nel merito, l’infondatezza. Spiegavano, poi, l’atto di intervento ad opponendum, la società Televomero S.p.a. e la società Napoli Canale 21 S.p.a., che eccepivano l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso avversario. Con ordinanza n. 2262/11 del 14/03/2011 la Sezione ordinava alla parte ricorrente l’integrazione del contraddittorio nei tempi e modalità indicati. In vista dell’udienza pubblica le parti depositavano scritti difensivi e repliche. Sempre in via preliminare, il Collegio esaminava le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti resistenti, sotto due distinti profili: con una prima eccezione, veniva opposto che il ricorso non era stato notificato ad alcuno dei controinteressati, quali le società che erano intervenute ad opponendum, né la successiva notifica dell’atto per motivi aggiunti anche alla società Videonola s.r.l. sarebbe stata idonea a sanare tale causa di inammissibilità. L’eccezione non veniva però condivisa dal Collegio, Antenna%20Valcava%20Vetta - DTT, LCN: ecco la seconda sentenza del TAR Lazio che ha annullato la Delibera Agcom 366/10/CONSin quanto il provvedimento con cui l’Agcom, in applicazione dell’art. 32, 2° co., d. lgs. 177/2005, aveva adottato il piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre e aveva dettato le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi e le relative condizioni di utilizzo, aveva natura di atto regolamentare; per altrettanto, l’atto con cui il Ministero dello sviluppo economico aveva emanato il bando per l’attribuzione delle suddette numerazioni, aveva portata generale, rivolgendosi, lo stesso, genericamente agli operatori aspiranti ad ottenere la numerazione a presentare la relativa domanda. In ragione della portata generale delle disposizioni contemplate nella delibera n. 366 e nel bando non erano, pertanto, immediatamente configurabili controinteressati in senso tecnico, non essendo possibile l’individuazione dei soggetti titolari di interessi contrapposti in un momento antecedente alla effettiva applicazione degli atti impugnati. Da tali considerazioni discendeva per i giudici di primo grado l’ammissibilità del ricorso introduttivo, correttamente notificato alle sole Autorità che avevano emanato gli atti con lo stesso impugnati. Diverso discorso era a farsi con riferimento ai soggetti individuabili dall’esame degli atti applicativi di quelli impugnati in via principale, ossia, tutti i fornitori di servizi audiovisivi che avevano ottenuto per effetto diretto degli atti stessi una posizione giuridicamente qualificata alla sua conservazione, come concretizzata con i successivi provvedimenti attributivi alle singole emittenti, che ne avevano fatto richiesta a seguito della pubblicazione del relativo bando, di una specifica numerazione per ogni palinsesto. Altrettanto correttamente, dunque, la ricorrente aveva notificato l’atto per motivi aggiunti, proposto avverso tali atti applicativi, ad almeno un controinteressato, salva la successiva integrazione del contraddittorio come poi disposta dalla Sezione con la sopra richiamata l’ordinanza n. 2262/11. Sotto distinto profilo veniva eccepita l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse ad impugnare atti la cui applicazione non avrebbe comportato alcuna concreta lesione della posizione giuridica della ricorrente, attesa la natura non vincolante della pianificazione come recata con le impugnate disposizioni, che non impedivano ad ogni singolo utente di ordinare sul proprio telecomando i canali preferiti. Anche tale assunto non poteva essere condiviso secondo i giudici. Riteneva, al contrario, il Collegio la sussistenza di un concreto ed attuale interesse giuridicamente tutelato alla migliore collocazione possibile nella numerazione automatica dei canali, in quanto era indubitabile la differenza intercorrente tra la collocazione sul telecomando nell’ambito delle prime posizioni (ad es., per quanto riguarda le emittenti locali, la numero 10) rispetto a quelle via, via più alte (come la n. 187, assegnata alla parte ricorrente), in relazione alla maggiore possibilità di ascolto da parte degli utenti ed ai maggiori connessi introiti della pubblicità. Peraltro, non poteva ritenersi che la sussistenza di tale interesse risulti inficiato dalla considerazione che era sempre possibile una numerazione personalizzata dei canali in quanto, dalle stesse indagini effettuate dall’Autorità, di cui la medesima aveva dato atto nelle premesse della delibera impugnata, era risultato che solo il 57% della popolazione effettuava tale operazione, trattandosi, pertanto, di un dato aleatorio che non poteva certo essere comparato con il sistema certo quale quello automatico disciplinato dal Piano. Con le censure contenute nel ricorso introduttivo, la parte ricorrente contestava, in sostanza, l’utilizzo, quale criterio per l’attribuzione della numerazione alle emittenti locali, delle graduatorie Corecom, che avrebbero comportato, secondo la prospettazione attorea, l’espulsione dal mercato della deducente che la medesima aveva conquistato negli anni, e che aveva determinato un posizionamento primario sul telecomando. Come premetteva il Collegio: la Sezione, con la recente sentenza n. 5633 del 24/06/2011, si era già pronunciata su altro ricorso avente anch’esso ad oggetto la delibera n. 366/10/CONS. Con la richiamata decisone si percorreva l’excursus normativo e procedimentale che aveva condotto alla impugnata delibera, la cui riproduzione giovava anche ai fini della decisione del Collegio. Con la suddetta sentenza non erano stati, invece, affrontati gli aspetti critici evidenziati con il ricorso ed i motivi aggiunti: in particolare, per quanto di interesse nella controversia in trattazione, non risultava esaminato, se non marginalmente, l’utilizzo delle graduatorie CORECOM per l’assegnazione della numerazione automatica alle reti locali. Perciò il Collegio riteneva doverosa l’individuazione dell’ambito cognitivo al medesimo consentito in relazione alla attività esercitata dall’Autorità nell’esplicazione della ampia discrezionalità, quale organismo di garanzia del settore delle telecomunicazioni, che il legislatore delegato aveva attribuito alla medesima nella peculiare e nuova materia della numerazione automatica. Sotto tale profilo non vi era dubbio che la predisposizione del Piano di numerazione automatica in controversia costituiva esercizio di discrezionalità tecnica e, pertanto, il Collegio non poteva sostituire la propria valutazione a quelle effettuate in proposito dalla stessa Autorità. Pertanto, l’esplicazione del potere di cui si tratta soggiaceva al sindacato giurisdizionale solo nei limiti in cui fossero in esso ravvisabili elementi sintomatici della sussistenza di almeno uno dei tre vizi di legittimità formale e sostanziale (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), che della discrezionalità costituiscono appunto il limite. Nel ricorso introduttivo si censurava, in sostanza, l’utilizzazione delle graduatorie CORECOM per l’assegnazione dei canali alle emittenti locali, secondo quanto disposto dall’art. 5 della delibera 366/10/CONS, che, secondo la prospettazione di parte ricorrente, lungi dall’inserirsi nell’ambito dei poteri conferiti aveva prodotto effetti opposti a quelli indicati dalla normativa di settore, in quanto penalizzanti nei confronti delle emittenti locali che, al momento dello spegnimento del segnale analogico, detenevano un ruolo ed una rilevanza che al momento, a causa del posizionamento delle medesime emittenti su numerazioni diverse, lontane dal primo arco di numeri, risultano depotenziate. L’Autorità, era tenuta ad osservare i criteri indicati nell’art. 32 del T.U. ed in particolare, per quanto interessava, a) garanzia della semplicità dell’uso del sistema di ordinamento automatico dei canali; b) rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti, con particolare riferimento ai canali generalisti nazionali e alle emittenti locali. Dall’esame della delibera gravata emergeva che “l’Autorità, in relazione alle prime risultanze istruttorie ed al fine di disporre di dati aggiornati onde verificare le abitudini e preferenze degli utenti, con particolare riferimento ai canali generalisti nazionali e alle emittenti locali, e risalendo all’anno 2005 gli ultimi dati disponibili sulla pre-sintonia del telecomando forniti dalla società Auditel, ha ritenuto opportuno commissionare un’indagine di mercato inerente le abitudini e preferenze degli utenti nella sintonizzazione dei canali sul telecomando della televisione analogica e digitale terrestre ad una società indipendente da individuare mediante selezione ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo n. 163/2006, selezione che è stata indetta con delibera n. 220/10/Cons del 12.05.2010”. Dunque, l’Autorità determinava di commissionare apposita indagine ad una società indipendente mediante ricorso ad una procedura ad evidenza pubblica; sulla scorta dei dati, oggettivi ed attuali, rivenienti da una indagine “dedicata” condotta da un soggetto indipendente, poteva ancorare l’attribuzione della numerazione dei canali diffusi in ambito locale a parametri oggettivi e condivisi su scala nazionale: nella specie, la scelta del parametro cadeva su un criterio oggettivo e di facile misurazione, quale l’ordine delle emittenti televisive locali nelle graduatorie approvate dai Comitati Regionali delle Comunicazioni (Co.re.com.) ai fini dell’erogazione dei contributi statali ex lege n. 448/1998. Ed invero, l’art. 5 della delibera impugnata, dedicato alla numerazione delle emittenti locali, dopo aver disposto che ad esse fossero attribuiti i numeri da 10 a 19 e da 71 a 99 del primo arco di numerazione, che per il secondo e terzo arco si ripetessero blocchi attribuiti alle emittenti locali con la medesima successione del primo e che il settimo arco di numerazione fosse riservato alle emittenti locali, stabilisse che “4 Ai fini di valorizzare la programmazione delle emittenti locali di qualità e quelle legate al territorio, le numerazioni relative ai blocchi di competenza delle emittenti locali di cui ai commi 1, 2 e 3 vengono attribuiti secondo i seguenti criteri: a) in ogni regione e nelle province autonome di Trento e Bolzano le numerazioni vengono attribuite, progressivamente, a partire dal n.10, secondo la collocazione derivante dalla media dei punteggi conseguiti da ciascuna emittente nelle ultime tre graduatorie approvate dai Comitati regionali delle comunicazioni, ai sensi del decreto del Ministro delle comunicazioni n. 292 del 5 novembre 2004, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento….” Il decreto ministeriale richiamato reca “Nuove norme per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dall’art. 45 comma 3 della legge 23 dicembre 1998 n. 448” ; l’art. 45, c.3 aveva stanziato contributi per le emittenti locali che fossero state ammesse alle provvidenze di cui all’art. 7 del decreto legge 27/08/1993 n. 323 (convertito in legge 422/93); l’art. 7, che sostituiva l’art. 23 della legge 06/08/1990 n. 223, prevedeva provvidenze per le emittenti locali che avessero registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettessero quotidianamente per almeno un’ora programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici sociali, sindacali o culturali. antenna%20FM%20+%20UHF%20San%20Galdino - DTT, LCN: ecco la seconda sentenza del TAR Lazio che ha annullato la Delibera Agcom 366/10/CONSGli elementi di valutazione, secondo il regolamento (art. 4) erano la media del fatturato nel triennio precedente ed il personale dipendente applicato allo svolgimento dell’attività televisiva, in relazione al contratto di lavoro applicato, con particolare rilevanza per la presenza di giornalisti. Trattavasi all’evidenza, per stessa esplicita affermazione contenuta nell’art. 45, c.3, l. n. 488/99, di misure a sostegno all’emittenza locale ed anche al fine di incentivare l’adeguamento degli impianti in base al piano nazionale di assegnazione delle frequenze. All’osservazione fatta da alcuni interessati al procedimento circa la non rispondenza di detto criterio alle “abitudini e preferenze degli utenti” di cui all’art. 32 del T.U., l’Autorità rispondeva, nella delibera 366/10/CONS, che l’utilizzo delle graduatorie suddette costituiva un dato oggettivo e facilmente misurabile rispetto ai criteri alternativi proposti i quali postulavano la necessità della formulazione di nuove apposite graduatorie e l’impiego di tempi procedimentali non conciliabili con la necessità di provvedere all’assegnazione della numerazione dell’ordinamento automatico dei canali con l’urgenza che era stata più volte rappresentata. Ma, premesso che l’urgenza non appariva normativamente giustificata (ed era frustrata da un comportamento affrettato che causava illegittimità), in ogni caso essa non poteva avallare scelte non rispondenti al criterio direttivo di cui all’art. 32 cit.; mentre sembrava che la ragione sostanziale dell’utilizzo di dette graduatorie fosse stato proprio il fatto che si trattava di un dato già pronto e disponibile, oltre che oggettivo. Tuttavia il Collegio riteneva che “sia le finalità per le quali dette graduatorie vengono compilate, sia gli elementi presi in considerazione per l’attribuzione dei punteggi, nulla hanno a che fare con il rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti, che possono ben prescindere dal fatturato triennale e dal numero dei giornalisti propri delle singole emittenti locali. A quanto ora affermato deve pure essere aggiunto che la partecipazione alla procedura per ottenere il contributo era volontaria, di talché alcune emittenti, pur radicate per l’ascolto nel territorio, non avendo mai richiesto siffatti aiuti pubblici potrebbero non comparire minimamente in dette graduatorie, come nel caso della società ricorrente; inoltre, l’utilizzo di tali graduatorie per finalità completamente diverse, deciso successivamente, determina una evidente disparità di trattamento rispetto a tali emittenti che, altrimenti, avrebbero partecipato a quella selezione; come pure eventuali nuove emittenti, potrebbero non aver avuto la possibilità di partecipare alla selezione per i contributi, ma essere già apprezzate sul territorio”. Appariva evidente agli occhi del Collegio, quindi, che il criterio prescelto era in contrasto con il disposto della legge che, invece, imponeva di misurare in concreto l’ascolto maggiore o minore che le singole emittenti locali avevano realizzato sul territorio, attribuendo numeri più bassi a quelle che avevano riscosso le maggiori preferenze degli utenti, mentre non consentiva di utilizzare strumenti indiretti atti a falsare il sopra indicato dato oggettivo e a tradire la volontà del legislatore delegato. A fronte di ciò il Collegio accoglieva il ricorso, disponendo, per l’effetto, l’annullamento della delibera impugnata, con il consequenziale travolgimento a cascata di tutti gli atti con cui, sulla scorta del criterio di cui si era acclarata l’illegittimità, erano state effettuate in concreto le assegnazioni. Il Collegio ribadiva, infine, che “il giudice non può sovrapporre la sua valutazione (comunque espressiva di una competenza specifica che non possiede) a quella del Garante, ma deve limitarsi alla declaratoria di annullamento, rimettendo a quest’ultimo il compito di provvedere nuovamente, al netto dei vizi riscontrati. Restano, pertanto, riservate all’Autorità le successive determinazioni che la medesima riterrà di adottare in siffatta materia”. (C.S. per NL)

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