Confermate tutte le indiscrezioni pubblicate da questo periodico nelle scorse settimane: verso la stabilizzazione delle assegnazioni LCN nazionali. Possibili variazioni in diminuzione delle attribuzioni locali.
Con un formidabile coup de théâtre, la Corte di Cassazione, con la sentenza 1836/2016 (decisa il 01/12/2015), ha cancellato tutto il lavoro svolto dal commissario ad acta nominato dal Consiglio di Stato nel giudizio di ottemperanza alla sentenza 6021/2013 del medesimo organo giurisdizionale, che aveva annullato (in parte) il previgente piano LCN approvato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (del. 237/13/CONS, adottata a seguito delle sentenze di primo grado confermate in secondo, che avevano annullato il primo piano, di cui alla del. 366/10/CONS). In sostanza, tutto torna come prima; anzi, con ogni probabilità tutto rimarrà così com’é, perché ormai il quadro è consolidato e nell’interesse di utenti ed operatori non converrebbe toccarlo. Il principio lo si desume indirettamente dalla motivazione a fondamento della sentenza della Suprema Corte, allorquando essa cassa il giudizio d’ottemperanza sulla scorta della considerazione che non avrebbe potuto imporre il compimento di un’attività che neppure una condotta spontanea della P.A. (Agcom) sarebbe stata in condizione di relaizzare, posto che il nuovo piano LCN si basava su un presupposto di fatto irreversibile e non riscostruibile (la migrazione al DTT) in occasione dell’emazione della seconda pianificazione (in sostanza, non si può riscostruire il quadro tecnico-fattuale "ora per allora"). Una decisione, se vogliamo vederla dal punto di vista sostanziale, rispettosa del consolidamento fattuale, ma stridente coi principi della certezza del diritto. Ma tant’è, sicché limitiamoci a dar conto di quel che è successo davanti alla suprema Corte, riunitasi per dipanare il problema di giurisdizione sollevato da Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico, che lamentavano come il CdS avesse ecceduto dagli ambiti giurisdizionali attribuitigli nel sentenziare sull’intricata vicenda. Dovrebbe trattarsi, in definitiva, dell’ultimo atto (giudiziario) di una complessa vicenda processuale che, in realtà, si pensava si fosse conclusa, con segno diametralmente opposto, attraverso la sentenza 4145/2014 (con cui il Consiglio di Stato aveva dichiarato inammissibili i ricorsi di revocazione contro la sentenza 6021/2013 dello stesso organo giurisdizionale avanzati da Agcom e Ministero). Ricordiamo che l’Autorità, a seguito di un ricorso promosso dalla superstation pugliese Telenorba contro la delibera che assegnava alle sole nazionali generaliste gli LCN 7, 8 e 9, accolto dal CdS, aveva dovuto rivedere il primo piano di assegnazione (Del. 366/10/CONS) e stessa sorte era toccata al secondo piano (Del. 237/13/CONS), pure censurato dai giudici amministrativi. Ora, con la cassazione della sentenza che aveva nominato un commissario ad acta – che si era sostituito nell’attività non svolta dall’Agcom – dovrebbe in astratto riprendere efficacia la delibera Agcom 237/2013, di fatto mai applicata e in parte annullata dai giudici amministrativi di secondo grado. E’ tuttavia probabile, come anticipato da questo periodico, che per evitare ulteriori ricorsi, il governo e il parlamento possano assumere provvedimenti legislativi atti a regolamentare le attribuzioni LCN, mettendole al sicuro da aggressioni giurisdizionali (salve eventuali questioni di incostituzionalità che dovessero essere sollevate). Viceversa, se trovasse conferma la situazione previgente a quella della sentenza ora cassata, sarebbero quindi confermate le previsioni della del. 237/13/CONS. che conferma le numerazioni nazionali – preservando gli ingenti investimenti effettuati dai player (nazionali ed internazionali) negli ultimi mesi – ma amplia gli spazi delle nazionali tematiche e semigeneraliste, sottraendo 26 spazi alle tv locali nel primo arco (1/99), cui rimarrebbero solo le numerazioni dei blocchi 10/19 e 97/99. (M.L. per NL)