Agcom reagisce con decisione al terremoto sui logical channel number. L’ente presieduto da Corrado Calabrò ha infatti annunciato di aver appellato la sentenza del TAR Lazio che ha annullato la delibera 366/10/CONS che regolava la numerazione automatica dei programmi DTT, chiedendone la sospensione con un provvedimento inaudita altera parte.
La richiesta di una misura cautelare provvisoria che congeli tutto nelle more della discussione dell’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado si è resa necessaria, ad avviso dell’Agcom, per evitare che nell’etere si riproponga l’anarchia nella gestione della numerazione automatica a danno di operatori ed utenti. In verità si tratta solo della prevedibile evoluzione di un pasticcio colossale, che trova le sue fondamenta in un regolamento zeppo di falle tecnico-giuridiche su cui la maggior parte dei giuristi avevano mostrato da subito forti perplessità. Dubbi che infatti hanno trovato condivisione nella decisione del TAR che ha annullato la delibera 366/10/CONS (e gli atti connessi, comprese le attribuzioni delle numerazioni) rilevando in particolare la presenza di due vizi di legittimità: il primo di tipo procedurale (i 15 giorni fissati dall’Agcom in luogo dei 30 per la definizione dell’istruttoria); il secondo di natura interpretativa dei principi ispiratori del logical channel numbering (le graduatorie Corecom per l’attribuzione dei contributi alle tv locali non potevano essere il riferimento per la determinazione delle classifiche di attribuzione degli LCN). Eterogenee le reazioni tra le tv locali: le più piccole (penalizzate con attribuzioni di identificatori LCN infrequentabili, spesso oltre il numero 100) esultano, confidando in una rideterminazione più democratica delle graduatorie; le più grandi contestano gli effetti di una sentenza che acuirebbe la crisi in cui già si dibattono per via del calo di audience e di raccolta pubblicitaria. Sul fronte associativo l’unico ente esponenziale ad aver preso posizione è (allo stato) il Comitato Radio Tv Locali (tra i ricorrenti nel giudizio che ha annullato la delibera 366/10/CONS), che plaude al pronunciamento dei giudici amministrativi: «La delibera era ingiusta e bene ha fatto il Tar Lazio ad accogliere il nostro ricorso perché prendere come parametro le graduatorie Corecom, già bocciate anche dall’Antitrust, è stata una decisione a dir poco sciagurata. Decidere infatti che il riferimento fossero graduatorie che premiano sostanzialmente chi ha più dipendenti e giornalisti non c’entra nulla con le abitudini e preferenze degli utenti ma l’Agcom non ha sentito ragioni affermando che era l’unico parametro certo al quale si poteva fare riferimento. Guarda caso, però, la delibera andava ad agevolare solo dieci tv locali per regione, relegando le rimanenti addirittura a oltre la numerazione 70 del telecomando di casa". Silenzio invece dagli altri sindacati, anche se pare che il suggerimento dato agli iscritti sia di non alterare lo status quo in attesa delle decisioni del CdS. Un atteggiamento che però non piace a molti editori locali. "Cercano di difendere l’orticello dei pochi, ma stavolta non ci riusciranno: chi è stato lasciato fuori dai giochi non accetterà supinamente un ulteriore sopruso", fa sapere a questo periodico un operatore di rete del nord Italia. E che l’invito a starsene tranquilli sia stato senza mezzi termini rispedito al mittente lo si capisce dall’occupazione di alcuni LCN nazionali da parte di tv locali che sta avvenendo in queste ore in Campania, Lazio e Veneto. (M.L. per NL)