E’ troppo presto per parlare di una via libera della Commissione Ue al decreto per la messa all’asta delle frequenze Tv. Ma fonti della stessa hanno fatto sapere oggi che le grandi linee del nuovo percorso, viste finora, appaiono "positive".
Nulla è trapelato circa i recenti colloqui telefonici tra il commissario alla concorrenza, Joaquin Almunia, e il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera. I servizi dell’esecutivo europeo, che ormai da anni seguono il dossier del cosiddetto beauty contest, stanno studiano le informazioni finora ricevute. "I contatti continuano, aspettiamo altri dettagli", hanno assicurato queste fonti. La posizione ufficiale della Commissione potrebbe arrivare molto presto, anche nell’arco di pochi giorni. Il Governo Monti ha ormai deciso: azzererà il beauty contest, ovvero l’assegnazione gratuita dei canali televisivi scritta dal Governo Berlusconi, e per decreto lancerà la nuova asta a pagamento. Il decreto legge potrebbe essere approvato già domani anche se al momento non è all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Se non entrerà all’ultimo minuto in Cdm, il decreto sarà approvato la prossima settimana. Le frequenze saranno divise in due pacchetti: tre o quattro saranno assegnati per un lungo periodo agli operatori televisivi, altrettanti resteranno nelle loro mani solo per 3 anni e poi dovranno essere restituite allo Stato. Ma una mozione del Pd, a firma dei deputati Vinicio Peluffo, Michele Meta, Sandra Zampa e Paolo Gentiloni, depositata oggi alla Camera, ritiene inaccettabile che le frequenze destinate agli operatori della telefonia mobile siano espropriate solo alle emittenti locali; la riduzione deve essere corretta in questo modo: un terzo a carico delle tv locali e due terzi a carico di quelle nazionali. E nelle aree del Paese dove ciò non è possibile, la proporzione deve essere ripristinata assegnando alle emittenti locali parte delle frequenze non più destinate al beauty contest. Le oltre 600 tv locali italiane, affermano Peluffo e Meta, svolgono un servizio prezioso garantendo ogni giorno un’informazione pluralista e legata al territorio, inoltre rappresentano una realtà industriale che non ha eguali in Europa. Penalizzarle sarebbe miope. "Per questo chiediamo, in aggiunta, che i risarcimenti destinati alle tv espropriate, già di per sé insufficienti a ripagare le emittenti degli investimenti per la digitalizzazione delle reti, siano almeno completamente defiscalizzati e proporzionati alle reali dimensioni d’impresa di ogni singola emittente", precisano Peluffo e Meta. Gli analisti di S&P Equity Research, nel confermare ieri il rating strong sell e il target price a 1,6 euro su Mediaset (-0,55% a 1,8090 euro in Borsa), parlando proprio dell’asta competitiva per le frequenze televisive, hanno detto di aspettarsi un incasso di 1-1,4 miliardi in tre anni e che Mediaset dovrà pagare circa 100-150 milioni di euro l’anno per le frequenze, pari a un incremento quindi del 5-7% dei suoi costi televisivi totali in Italia che andrebbe a deprimere i margini del gruppo. Le stime di S&P non sono lontane da quelle di Mediobanca (1-1,2 miliardi), stime che ieri il consigliere di amministrazione di Mediaset, Gina Nieri, ha giudicato "un’esagerazione". Non si capisce, ha detto, "che cosa siano questi pacchetti", ha spiegato Nieri. "La nostra azienda ritiene di avere il diritto acquisito con il beauty contest che era alle ultime battute controfirmato dall’Europa. Per questo abbiamo fatto ricorso al Tar sull’atto di sospensione". (Tiscali)