La rete mobile delle compagnie telefoniche italiane sta cedendo sotto la pressione della valanga di smartphone e tablet pc (la cui vendita cresce a livello esponenziale) che chiedono incessantemente banda.
Soddisfare le esigenze dell’utenza è quindi una priorità per il governo. Per questo motivo, il 23 marzo scorso, è stato approvato dal Consiglio dei ministri un decreto legge (cioè un provvedimento adottato in casi straordinari di necessità ed urgenza) che fissa le modalità per conseguire una rapida liberazione dei canali 61-69 UHF dai segnali degli operatori di rete DTT locali (ma anche del network provider Europa 7, cui è stato assentito il canale UHF 69 quale cerotto delle emissioni SFN su VHF 8, in diverse aree digitalizzate del paese). Conformemente alle previsioni della legge di Stabilità, entro settembre dovrà tenersi l’asta per l’assegnazione di (almeno) nove canali tv che il nuovo Piano delle frequenze prevede debbano andare agli operatori tlc per il potenziamento della banda larga mobile (il cosiddetto dividendo esterno). Per far sloggiare le scomode tv locali senza intaccare il patrimonio dei network provider nazionali (totalmente preservato, in barba alle norme che stabilivano una riserva frequenziale chiaramente definita ex ante alle tv locali) il governo ha alzato l’asticella per l’accesso all’attività di operatore di rete (anzi, per la prosecuzione), stringendo i requisiti fino ad ora richiesti. Il D.L. del governo Berlusconi (che non ha ancora ricevuto la firma del presidente della Repubblica ma che difficilmente sarà modificato nella sostanza per i motivi di emergenza di cui in apertura) prevede la realizzazione di graduatorie in ogni area tecnica DTT tra gli ex concessionari locali basate su quattro parametri oligocratici: livello del patrimonio al netto delle perdite; numero dei dipendenti a tempo indeterminato; dimensioni della copertura; priorità di servizio (parametro che creerà non poche difficoltà agli operatori di nuova costituzione). I network provider utilmente classificati avranno l’obbligo di veicolare gli ex concessionari esclusi dalle graduatorie (con due programmi ciascuno) secondo modalità (presumibilmente anche economiche) che saranno definite da Agcom. E’ chiaro che se il decreto legge fosse introdotto nell’ordinamento nella sua attuale formulazione e se essa venisse confermata anche in sede di conversione in legge (entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, pena la decandeza) molti piccoli provider in aree ad alta densità radioelettrica in aree all-digital (come Lombardia, Piemonte, Friuli, Veneto, Toscana, Lazio, Campania) o in territori da digitalizzare con un numero rilevanti di emittenti locali (come la Sicilia) dovrebbero riconvertirsi nell’attività di fornitore di contenuti, abbandonando ogni velleità di venditori di capacità trasmissiva. L’unica buona notizia per il comparto (ma in verità, anche in questo caso, solo per i big player locali) viene dall’approvazione in prima lettura al Senato di un emendamento della Lega Nord nell’ambito del d.d.l. AC 4059 (“Legge Comunitaria 2010”) che reintroduce la possibilità, messa in forse dalla predetta legge di Stabilità, di veicolare contenuti editoriali nazionali da parte di operatori locali. Così il testo della noma: “L’operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale in ambito locale può concedere capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale”. (A.M. per NL)