Come NL aveva preannunciato, da un anno a questa parte, i nodi delle reti di secondo livello del nuovo DTT sono venuti al pettine. E la politica se ne accorge. Troppo tardi.
L’eccessiva rigidità mostrata, da una parte, da Agcom e, dall’altra, dal Ministero dello sviluppo economico nel valutare la possibilità di estendere le reti di secondo livello del T2, quantomeno in aree ad alta densità di emittenti e bassa disponibilità di frequenze, sta determinando la chiusura di decine di tv storiche.
Così, pur con tardivo ritardo, la politica accoglie le istanze di alcuni operatori e chiede che l’esecutivo provveda ad estendere la provvista frequenziale. Ma con quali risultati?
La politica parte dal Veneto
“Il governo aumenti le frequenze destinate alle tv locali del Veneto in modo da soddisfare le richieste delle tante emittenti locali che rappresentano un patrimonio da tutelare, valorizzare e difendere”, annuncia in limine litis (cioè a poche settimane dagli spegnimenti) il senatore Udc Antonio De Poli.
Interrogazioni e bocciature
Anticipando la presentazione di “un’interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, in cui chiederò all’esecutivo di valutare la possibilitá di rivedere il Piano nazionale delle frequenze alla luce anche del fatto che ci sono tante realtá aziendali che rischiano di sparire”.
Che senso ha per un’emittente che ha sempre operato a Padova trasferirsi su Belluno o altrove?
“Al governo chiediamo l’assegnazione di frequenze aggiuntive in modo tale da consentire di continuare a lavorare. Come sappiamo, non ci sono abbastanza canali disponibili per tutti e quindi, per molte emittenti, l’unica opzione è cambiare territorio. Ma che senso ha per un’emittente che, ad esempio, ha sempre operato a Padova trasferirsi su Belluno o altrove?”, incalza De Poli.
Aumentare le frequenze
“Le tv locali hanno un profondo radicamento nel territorio e per questo motivo chiedo al Governo di aumentare le frequenze e consentire a queste importanti realtá dell’informazione di continuare a lavorare come hanno fatto d’altronde, svolgendo un servizio essenziale per la collettivitá, anche e soprattutto durante la crisi pandemica”, conclude il senatore.
I buoi, però, intanto sono scappati…
Difficile, tuttavia, che l’interrogazione del senatore porti a qualcosa: i giochi sono ormai fatti e una forzata inattività di molti mesi difficilmente consentirebbe di recuperare l’azzeramento dell’avviamento aziendale.
Il silenzio è d’oro
Bisognava pensarci prima: la stalla viene chiusa coi buoi ormai scappati. Operatori e rappresentanze sindacali degli stessi avrebbero dovuto, a suo tempo, sollecitare (come più volte da noi evidenziato) interventi modificativi sui piani regolamentare e legislativo. Ora, la macchina è partita e le modifiche in corso d’opera sollecitate dalla politica, quand’anche astrattamente possibili, avrebbero effetti troppo distanziati nel tempo e di dubbio effetto. (E.G. per NL)