L’idea sarebbe anche buona e potremmo condividerla. Ma in difetto di assenso preventivo dell’UE abbiamo le mani legate.
Questa, in sostanza – a quanto risulta a questo periodico – sarebbe la posizione espressa dal Ministero dello Sviluppo Economico sulla richiesta (di buon senso) di destinare le frequenze non piazzate all’infelice gara del dividendo interno alle tv locali che entro il 31/12/2014 saranno private dei canali incompatibili con le emissioni estere. E’ comunque più che probabile che l’UE presti il proprio assenso alla destinazione dei lotti 1 (VHF 6 e UHF 23) e 2 (VHF 7 e VHF 11) del digital dividend per la sistemazione parziale dei pasticci interferenziali coi paesi esteri (causati dalle attribuzioni "allegre" dello stesso MSE). La fallimentare asta per l’attribuzione delle risorse DTT dell’ex beauty contest, cui aveva partecipato solo il Gruppo Cairo (content provider de La 7 e La 7D), aggiudicandosi il migliore pacchetto frequenziale (Lotto 3, costituito dai canali UHF 25 e 59) per l’importo di euro 31.626.000,00, potrebbe contribuire a lenire gli effetti della complicatissima questione della liberazione dei canali incompatibili con le emissioni straniere di confine, che dovrà avere luogo entro fine anno (ex L. 9/2014). Posto infatti che gli indennizzi governativi (20 mln complessivi) sono di gran lunga inferiori agli investimenti effettuati dagli operatori solo pochi anni fa per ottemperare alle assegnazioni frequenziali sommarie del MSE-Com, come abbiamo più volte evidenziato su queste pagine, è altamente probabile che le ordinanze di spegnimento in assenza di attribuzioni di diritti d’uso equivalenti ingenerino un nuovo contenzioso giudiziario di dimensioni epiche. A quanto risulta a questo periodico (che per primo indicò la soluzione delle frequenze della provvista digitale come possibile soluzione atta a contribuire a sbrogliare la sottovalutata problematica interferenziale di confine), come detto, Agcom e MSE sarebbero disponibili ad avvallare l’utilizzo dei canali non assegnati per conciliare le esigenze dei network provider assegnatari di frequenze incompatibili col quadro radioelettrico internazionale che vogliono proseguire l’attività televisiva. La proposta sarà portata al vaglio dell’UE, che ha in calendario per fine estate l’esame della relazione del governo italiano sulle azioni poste in essere per lenire i problemi connessi all’accesso al sistema televisivo nel nostro paese da parte dei nuovi entranti o dei player minori e a riguardo della quale pende da anni un procedimento d’infrazione avviato dagli organi comunitari. La situazione radioelettrica italiana in relazione ai disturbi arrecati ai paesi confinanti era stata definita poco più di un mesa fa dal viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli "imbarazzante". "Tutte le frequenze assegnate dall’Italia dovranno essere coordinate a livello internazionale e iscritte al registro di Ginevra", aveva dichiarato Giacomelli. Ad ogni modo, al netto dell’utilizzo delle frequenze del dividendo, del recupero parziale (strettamente limitato e controllato) di alcune delle frequenze astrattamente incompatibili con le attribuzioni estere e di coloro che usciranno dal mercato a fronte di un indennizzo, simulazioni attendibili indicano ancora un 40/50% di network provider (tra quelli interessati dall’epurazione) da soddisfare in qualche modo. Un’ulteriore opportunità avrebbe potuto essere recata dall’accelerazione dell’introduzione del DVBT-2, che, grazie alla maggior disponibilità di capacità trasmissiva, potrebbe consentire la sopravvivenza di quei fornitori di contenuti che non troverebbero più spazio (il condizionale è d’obbligo, posto che, escludendo doppioni, occupazioni di facciata o agonizzanti, il panorama non pare vastissimo), ma pare che il mercato non sia pronto, con gli italiani compressi dalla crisi economica e quindi indisponibili a spendere altri soldi per adeguare tv e decoder al nuovo formato. E allora ecco spuntare l’ipotesi più invisa dalle emittenti locali: imporre l’unione degli operatori di rete con la condivisione della capacità trasmissiva. Magari attraverso il bastone dei costosi diritti amministrativi per l’utilizzo delle frequenze DTT – che, salvo improbabili cambi di rotta, rimarranno a valori tali da inibire la gestione singola – e con l’espunzione degli operatori di rete dalla spartizione dei contributi pubblici, che già dall’anno prossimo potrebbero essere esclusivo appannaggio dei fornitori di servizi media audiovisivi (con apertura ai nativi DTT). (M.L. per NL)