Scarse possibilità di arrivare in fondo entro fine anno. Brutto epilogo di una transazione al DTT compiuta sulla pelle delle imprese televisive locali e delle tv nazionali minori.
76 è il numero complessivo delle frequenze escluse dalla pianificazione della delibera Agcom n. 480/14/CONS : la gran parte di esse è situata nelle regioni adriatiche. Le televisioni coinvolte in realtà sono molte di più, dal momento che in alcune regioni, diverse emittenti sfruttano la stessa frequenza (anche sette o otto in Puglia). Tuonano i vertici regionali e dalla Puglia (una delle regioni maggiormente colpite, insieme al Veneto e al Friuli) si fa sentire la voce del presidente Onofrio Introna che chiede di posticipare la scadenza del 31 dicembre. Introna, che insieme all’Ufficio di Presidenza ha assunto l’iniziativa dell’ordine del giorno, ha convocato per lunedì 27 ottobre a Bari un incontro con i parlamentari pugliesi e con l’emittenza privata, per raccogliere le preoccupazioni del settore e verificare i percorsi per evitare la soppressione delle reti televisive. “La scadenza quanto mai ravvicinata di dicembre ci ha indotto a chiedere a Renzi e al ministro dello Sviluppo di non considerare il termine e di trovare intanto soluzioni che non comportino il default dell’informazione televisiva locale, conseguente alla scomparsa di tante antenne. Affronteremo intanto la questione a Bari e faremo quanto possibile e urgente per salvare antenne e lavoratori: se si dovesse applicare la delibera dell’Autorità, che rivede il piano nazionale di assegnazione delle frequenze, si taglierebbero quelle che irradiano interferenze con le televisioni degli Stati comunitari confinanti. Sono tante le nostre emittenti coinvolte dal provvedimento e ancora di più i posti di lavoro a rischio di giornalisti, tecnici e amministrativi”. Anche Giorgio Galante, patron di TelePadova ha chiarito la sua posizione in merito: “Molti di noi conservano un documento del viceministro di allora, Paolo Romani, dove si dice che non sarebbero stati mai toccati i canali assegnati. Ora in Friuli restano nove frequenze sulle 17 assegnate alle tv locali. È un massacro. Siamo un settore composto da 4-5 mila persone – ha concluso l’editore veneto –. Il governo metta sul tavolo più risorse: molti imprenditori sono stanchi, nel combinato disposto tra crisi e digitale. Accetterebbero. Se le cose restano così, invece, faremo di tutto per bloccare il massacro delle imprese locali”. Sul piatto del Ministero sono stati messi 20 mln di euro da assegnare come indennizzo alle tv che in maniera volontaria dismetteranno le frequenze: “Se restassero venti milioni – ha commentato Marco Rossignoli, presidente di Aeranti-Corallo – non aderirebbe nessuno, o quasi. Va aumentato l’importo, ma la data del 31 dicembre è impossibile da rispettare. E in alcune regioni non ci sarà più il terzo delle frequenze da assegnare alle locali per legge”. Posizione dura anche da Confinfustria RTV (ex FRT): "Occorre dire – spiega il sindacato in una nota – che certamente la Delibera un primo risultato l’ha raggiunto. Infatti la tanto auspicata razionalizzazione dello spettro voluta dall’AGCom e dal Ministero dello sviluppo economico è avvenuta sulla “pelle “di decine di emittenti televisive locali che saranno costrette a chiudere. 76 frequenze regionali dovranno essere liberate dalle emittenti. In molte regioni la Delibera ha poi causato un vero e proprio “sconquasso” radioelettrico in quanto le frequenze disponibili sono state dimezzate (in alcune regioni del versante adriatico le frequenze ora disponibili sono addirittura inferiori a 10 e ciò causa il venir meno della riserva di un terzo della capacità trasmissiva previsto dalla legge a favore delle emittenti televisive locali) e in molti casi i canali rimanenti subiscono limitazioni che li rendono di fatto inutilizzabili anche per l’obbligo di operare nel rispetto dei vincoli radioelettrici “PDV” (punti di verifica territoriali) con altri utilizzatori. Ciò comprometterà definitivamente la continuità aziendale di molte emittenti". Eppure, secondo non pochi operatori di cui questo periodico ha raccolto le opinioni sulla vicenda, i sindacati dovrebbero stare non tra i giudici del disastro radioelettrico, ma sul banco degli imputati, posto che alle riunioni al Ministero in occasione delle assegnazioni dei diritti d’uso per i canali tv i loro rappresentanti avrebbero dovuto contestare l’attribuzione di risorse che già si sapevano essere incompatibili con le emissioni internazionali (gli elenchi dei canali assegnati agli stati esteri erano pubblici ed accessibili). Sta di fatto che, al di là delle solite lamentele ex post, all’orizzonte per ora non paiono esserci progetti strategici che offrano delle valide alternative, come ad esempio far utilizzare alle tv locali le risorse del dividendo interno non assegnato oppure i canali non presidiati dai network provider nazionali minori. (V.R. per NL)