E’ incredibile la disattenzione prestata dal governo ai propri stessi atti (ma anche quella degli operatori, ormai evidentemente assueffatti all’approssimazione e alla vita alla giornata….).
Due settimane or sono, fonti ministeriali informavano che, risolti i problemi di coordinamento che avevano arenato il provvedimento, era stato sottoscritto anche dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il decreto ministeriale concertato col Ministero dello Sviluppo Economico recante la procedura per la liberazione dei canali incompatibili con emissioni internazionali. La pubblicazione – secondo le stesse fonti – avrebbe dovuto avere luogo a ridosso del 30/04, cioè del termine ex lege entro il quale i canali avrebbero dovuto essere dismessi. Scadenza che però, secondo il Mise, non sarebbe stata perentoria, sicché non vi sarebbe stata esigenza di una proroga formale. Annotazione che aveva subito destato perplessità non di poco conto sui differenti piani giuridico – sul profilo dell’ordinatorietà della scadenza – e politico – in relazione agli impegni assunti dal governo verso gli stati esteri, che, preso atto dell’ennesima propensione di gestire "all’italiana" la produzione interferenziale frutto di una cattiva pianificazione ascrivibile ad Agcom (che aveva inserito canali incompatibili) e al Mise (che aveva assegnato tali canali senza la preventiva verifica di spettanza), avrebbero potuto promuovere avanti all’UE una nuova procedura d’infrazione contro il nostro paese. Ricordiamo che la decisione del governo di intervenire sui casi conclamati di interferenze con i paesi confinanti (Croazia, Slovenia, Francia, Malta), con l’esclusione dalla pianificazione e la conseguente liberazione delle frequenze in modo definitivo si concreta in una procedura per l’attribuzione delle misure economiche compensative (quasi 51 mln di euro) per la liberazione delle frequenze DTT incompatibili con le emissioni estere. Il provvedimento ora al vaglio della Corte dei Conti per il via libera alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dovrebbe prevedere trenta giorni per presentare le domande telematiche per partecipare alla ripartizione degli indennizzi a favore di coloro che libereranno le 76 frequenze incompatibili con le trasmissioni internazionali senza richiedere una riassegnazione. Nel merito, sul piano dei destinatari, la complicata formulazione vedrebbe confermato l’ordine che vuole al primo posto, ovviamente, i titolari di diritti d’uso (in sequenza: regionali, poi pluriprovinciali, provinciali o limititati all’area di servizio dei singoli impianti, costituiti però sotto forma di intesa regionale) dei canali incompatibili, seguiti dalle società consortili e, da ultimo, coloro che, indipendentemente dal canale utilizzato, vogliono approfittare di una delle (si suppone) ultime occasioni per dismettere l’attività a fronte di un corrispettivo governativo (che dovrebbe pervenire entro il 31/07/2015, ovviamente ad avvenuta e certificata dismissione dei canali). Il provvedimento dovrebbe prevedere che, nell’ipotesi in cui non sia raggiunto il numero delle frequenze da liberare, si compili una graduatoria in base all’offerta di tutti i soggetti richiedenti, sulla base della quale verrà accolta l’offerta più bassa (in caso di parità di offerta si procede a sorteggio). Il DM introdurrebbe poi la possibilità di ampliare la rottamazione stessa oltre lo stretto necessario (stretto si fa per dire, ovviamente…), prevedendo la liberazione di risorse incompatibili a libello provinciale su scala regionale; soluzione che certamente attirerà non poche contestazioni, posto che potrebbe alterare le quote di distribuzione delle risorse, già valutate tra 1/2 e 1/3 del valore di mercato (a secondo delle aree). I soggetti titolari di diritti d’uso per frequenze incompatibili che non parteciperanno alla procedura per l’attribuzione delle misure compensative (in sostanza gli operatori di rete che intendono proseguire l’attività) dovranno esprimere manifestazione d’interesse, in ordine di priorità, per l’assegnazione di frequenze pianificate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ora però, alla luce dell’immotivato ritardo maturato dall’esecutivo (che, al di là di eventuali pretese di ordinatorietà del termine temporale, comporta riflessi negativi sull’attività dei network provider), l’intera architettura potrebbe risultare pericolosamente esposta ad eventuali censure di illegittimità avanti agli organi giurisdizionali. (M.L. per NL)