Due commi (8 e 9) dell’art. 6 del decreto Destinazione Italia, passati quasi inosservati, potrebbero definire in maniera drastica le problematiche interferenziali internazionali che interessano diverse emittenti locali del Friuli Venezia Giulia e del Veneto (ma in prospettiva anche dei territori prospicienti a Malta, alla Tunisia, alla Svizzera, alla Francia e all’Austria).
Nel merito, il primo comma dell’art. 6 esclude dalla pianificazione delle frequenze quelle "riconosciute a livello internazionale" ed utilizzate dai Paesi confinanti (con i quali Agcom e Ministero non hanno concordato un coordinamento tecnico) che sono state assegnate ad operatori di rete televisivi italiani (nazionali e locali), a fronte di un indennizzo riconosciuto all’esito di una procedura da concludere entro il 31/12/2014. Il corrispettivo di 20 mln di euro (apparentemente rilevante ma in verità estremamente contenuto, considerato l’elevato numero dei soggetti coinvolti o coinvolgibili) per il rilascio delle frequenze interferenti (che comunque dovranno essere liberate entro il capodanno 2014) sarà anticipato da Poste Italiane spa (che non si capisce a fronte di quale controprestazione statale si accollerà l’onere) solo agli operatori i cui canali saranno stati "oggetto di accertate violazioni". In sostanza, quelle frequenze per cui gli stati esteri hanno formalizzato doglianze che il Ministero dello Sviluppo Economico ha accertato (anche solo prendendone atto, va detto). Al momento avrebbero lamentato interferenze solo Malta, Croazia e Slovenia, mentre sarebbero rimaste curiosamente silenti Svizzera, Francia e Tunisia (e forse pure l’Austria), che pur si sa per certo subire in qualche misura invadenze radioelettriche italiane. La questione, come si diceva in apertura, è passata nel silenzio e ad aver preso posizione pare essere stato solo il Segretario nazionale dell’Italia dei Valori, Ignazio Messina, che è intervenuto sulla grave responsabilità governativa di non aver definito accordi preliminari con gli stati confinanti. "Si tratta di una grave mancanza da parte degli ultimi governi, perché senza un documento comune attraverso il quale orientarsi non è possibile avere un quadro chiaro della situazione – ha spiegato Messina -. Prima di paventare possibili chiusure sarebbe quindi meglio definire in maniera univoca la situazione italiana, anche per evitare le possibili sanzioni europee che al momento incombono sul nostro Paese". "Tutti i nodi del governo Berlusconi vengono al pettine – ha fatto eco il vice coordinatore regionale dell’Idv Fvg, Alessandro Corazza – e ora si capisce che durante la transizione al digitale si sono assegnate le frequenze senza rispettare il Piano Agcom e senza accordo preventivo con i paesi confinanti, per assecondare precisi interessi tesi a salvaguardare le concentrazioni televisive nazionali a scapito delle tv locali. Situazione che va risolta, anche se è difficile pensare che un governo retto da una maggioranza formata anche da berlusconiani possa riuscirci". Gran parte delle lamentele formalizzate nelle scorse settimane attraverso prescrizioni della Direzione Generale del Ministero dello Sviluppo Economico sono già state impugnate avanti al competente TAR Lazio, che dovrà verificarne la legittimità sul piano amministrativo. D’altro canto, per quel che si è potuto appurare, vizi di legittimità formale non mancherebbero. Per esempio, le prescrizioni impartite confliggerebbero quanto meno con le previsioni dell’Allegato A alla delibera Agcom n. 414/07/CONS, recante la “revisione del piano di assegnazione delle frequenze per la televisione digitale terrestre DVB-T Linee di attività”. Tale documento, richiamata la necessità di adeguare lo scenario di pianificazione delle frequenze DTT alle risultanze dell’approvazione dell’Accordo di Ginevra 2006 da parte della Conferenza Regionale delle radiocomunicazioni, ha dettato la differenziazione di copertura territoriale per ognuna delle 55 frequenze disponibili nei limiti territoriali concessi dal suddetto piano internazionale. Più a fondo, lo studio dell’Agcom ha sintetizzato nella Tabella A due scenari (definiti ipotesi “rigida” e ipotesi “flessibile”) in termini di popolazione servibile in misura identificata come “Qualità 3”. Un livello che mai potrebbe essere garantito applicando la riduzione delle potenzialità nei limiti prescritti, posto che le copertura nei bacini di riferimento si ridurrebbero in misure oscillanti tra il 40 ed il 70%. Cioè con performance evidentemente incompatibili con le finalità imprenditoriali sottese all’attribuzione di diritti d’uso di frequenze DTT per un dato bacino. E allora ecco soccorrere alla bisogna la previsione di un’uscita di scena di operatori di rete disillusi da quell’eldorado digitale tanto caldeggiato dalle loro frettolose e poco avvedute associazioni di categoria, munita di un indennizzo che in un momento di spaventosa magra del mercato pubblicitario potrebbe essere considerato un’opportunità da non lasciarsi scappare. (M.L. per NL)