La fiera dell’ovvietà. Questo pare essere quello a cui lo scoordinato e malrappresentato esercito in ritirata delle emittenti locali sta assistendo in questi giorni.
Tra comunicati (stampa) di associazioni di categoria che tardivamente si sono accorti che il 31/12/2014 molti loro iscritti dovranno chiudere baracca e burattini a fronte di indennizzi ridicoli ed operatori che dopo aver ridacchiato che la frequenza di qualche loro concorrente rientrava tra quelle da dismettere hanno realizzato che l’antagonista era in una posizione più alta nella graduatoria regionale delle assegnazioni, sicché se non avesse rottamato il canale avrebbe avuto diritto a scavalcarlo ribaltando i ruoli, come al solito, si tenta di correre ai ripari fuori tempo massimo. Anche l’incolpevole sottosegretario alle comunicazioni, Antonello Giacomelli (il disastro porta la firma del defilato ex ministro ed editore tv locale Paolo Romani), senza più pesci da pigliare, s’aggrappa allo scontato, facendo proprie le proposte di questo periodico all’indomani della fallimentare assegnazione del dividendo interno (ex beauty contest), che aveva lasciato sul banco dell’asta tutti i mux tranne quello attribuito a Cairo (La 7): "Riassegneremo le frequenze rimaste libere". Bruxelles permettendo, ovviamente. Il governo Renzi sarebbe infatti intenzionato «a cancellare gli errori che hanno caratterizzato il passaggio dalla tv analogica a quella digitale in questo comparto fondamentale per il panorama informativo italiano e il pluralismo», ha spiegato Giacomelli in un’intervista al quotidiano Avvenire. «C’è la possibilità di mettere in campo frequenze non assegnate. Stiamo lavorando con Bruxelles per poter utilizzare anche le frequenze che erano inibite per la procedura di infrazione aperta dell’Unione Europea, e che invece noi vorremmo concedere in questo frangente», ha riferito il sottosegretario, tendendo la mano ai suoi ex colleghi (è stato giornalista di una tv locale toscana): «Non ci saranno misure coatte. Alle tv e alle loro associazioni lanciamo una sfida: vogliamo fare insieme un percorso virtuoso nei tempi che saranno necessari. Se occorrerà qualche settimana in più, la concederemo. Purchè non si tratti di una dilazione che tutto resti com’è oggi". Attingendo ad un’altra delle soluzioni più volte suggerita su queste pagine, Giacomelli vuol puntare all’integrazione dei mux locali: "Abbiamo scelto di favorire ogni iniziativa che consenta alle emittenti di liberare volontariamente le frequenze senza che abbiano gravi problemi: ad esempio, incentiviamo gli accordi per il trasporto sulle frequenze di altre tv o creando realtà consortili. Inoltre il governo è impegnato a trovare risorse aggiuntive per gli indennizzi» (attualmente 20 milioni di euro) per i network provider che libereranno canali tv incompatibili con emissioni estere incautamente assegnati (addirittura con provvedimenti di durata ventennale) dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con Agcom nella piena consapevolezza della loro pericolosità interferenziale. Rimandando la palla alla cattiva gestione del passaggio al DTT da parte delle associazioni di categoria, Giacomelli chiarisce: "Non siamo noi a mettere in pericolo le emittenti locali. Noi tentiamo di salvarle. Perchè le tv sono in bilico per le scelte adottate negli anni precedenti. Quando c’è stato l’avvento del digitale terrestre, si è optato per una nuova saturazione dello spettro e sono state usate frequenze che l’Italia non poteva impiegare». Il richiamo del sottosegretario è alla volontà, avvallata dal governo al tempo vigente, di assegnare – su sollecitazione di quei sindacati di categoria che oggi gridano ad uno scandalo di cui in realtà solo solidalmente resposanbili – di assegnare anche 76 mux che si sapevano essere a rischio (posto che l’ITU li aveva riservati a Slovenia, Croazia, Francia, Malta, Svizzera e San Marino). «Di fatto si è voluto proteggere il duopolio caricandone il peso sulle spalle dell’emittenza locale. E adesso siamo al paradosso che nessuna delle nostre frequenze è riconosciuta a livello internazionale», cerca di smarcarsi Giacomelli cavalcando lo stanco ronzino della sinistra. «Puntiamo, da un lato, a far rientrare l’Italia nella legalità internazionale iscrivendo tutte le nostre frequenze a Ginevra ed eliminando la Penisola dalla lista nera degli osservati speciali. Dall’altro, desideriamo che le tv locali abbiano la certezza di operare in tranquillità», aggiunge il sottosegretario. In realtà, considerato che la maggioranza delle frequenze del dividendo interno è di scarsissima qualità (ed anche per questo non sono state assegnate all’asta), che la condivisione dei mux è più facile a dirsi che a farsi nel malmostoso universo eterogeneo degli operatori rete locali e che la compatibilizzazione delle frequenze incriminate con le trasmissioni estere è ingestibile sulle aree prospicenti al mare, l’unica reale soluzione per definire il problema è quella di aumentare l’indennizzo, consentendo quanto meno agli operatori di rete locali di andare alla pari con gli investimenti effettuati per passare al DTT. E qui lo sottolineiamo: ciò sarebbe già un grande risultato… (M.L. per NL)