Il dipartimento Comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico dovrà mettere a disposizione entro 30 giorni frequenze per l’irradiazione dal Monte Penice (uno dei siti più rilevanti per l’illuminazione della Lombardia e del Piemonte in banda IV, potenzialmente in grado di raggiungere 11 mln di utenti) ad Europa 7.
E’ la conclusione dell’ennesima querelle giudiziaria che vede coinvolto il network tv dell’editore romano Di Stefano, già al centro di complesse vicende giudiziali che hanno interessato anche la Corte di Giustizia Europa. L’organo giurisdizionale che questa volta si è pronunciato (in sede cautelare) è il TAR Lazio, che ha accolto (appunto in via interinale e limitatamente al diffusore di Monte Penice) il ricorso dell’emittente che lamentava come i "cerotti" frequenziali assegnati nel febbraio del 2010 ad integrazione della rete sfn su VHF 8 fossero inadeguati per il servizio che una rete nazionale avrebbe necessitato. Nel merito, il MSE aveva assegnato alla pay-tv DVB-T2 72 siti con relative frequenze per illuminare quel 20% di popolazione non raggiunto dalla frequenza principale per questioni di natura tecnica. In realtà, anche gran parte delle frequenze accessorie erano risultate inutilizzabili (perché occupate da terzi o perché incoerenti con il parco antenne riceventi degli utenti), sicché Di Stefano si era rivolto ancora una volta ai giudici amministrativi chiedendo l’assegnazione di canali realmente sfruttabili e un risarcimento danni di 85 milioni di euro per il mancato svolgimento dell’attività televisiva. Con ogni probabilità ora la palla passerà al Consiglio di Stato, cui è presumibile che il MSE-Com si rivolgerà in appello. (M.L. per NL)