C’è chi, come l’Italia dei valori, arriva ad ipotizzare che dietro ci siano "accordi sottobanco" fatti ancora una volta per favorire Silvio Berlusconi.
Altri, dal fronte Pd e Fli, che, con diverse sfumature, invitano più semplicemente il governo ad occuparsi del tema. Di fatto, la questione dell’asta delle frequenze tv entra a pieno titolo nel dibattito sulla manovra e si intreccia con i tentativi dei partiti di introdurre delle correzioni. E’ vero, d’altra parte che al momento manca una presa di posizione dell’esecutivo. Nella conferenza stampa post-Cdm di domenica, il super ministro Corrado Passera si è limitato a dire che "il tema non è stato ancora esaminato", mentre oggi il suo collega Francesco Profumo ha ammesso che per affrontare la questione "è necessario sedersi e riprogettare". Ma i partiti ‘chiamano’ l’esecutivo. Il più tranchant sull’argomento è, ca va sans dire, il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, secondo cui al posto della deindicizzazione delle pensioni fissata sulla soglia di 935 euro si poteva "ottenere subito la stessa cifra mettendo in vendita le frequenze tv". Ma anche il Pd batte su questo tasto, d’altra parte è tema sensibile per il proprio elettorato che non può essere lasciato appanaggio del solo Di Pietro. "C’è bisogno di risorse – sottolinea l’ex ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni – e le frequenze, che valgono circa 1,5 miliardi, sono un bene pubblico che non può essere regalato. Non ha senso procedere sulle frequenze, percorrendo una strada che aveva immaginato il governo precedente". Da Fli, Carmelo Bruguglio, ci tiene a sottolineare che il problema non è tanto che il cosiddetto beauty contest abbia "come destinatario principale Mediaset" quanto che "si regali un bene pubblico di milioni di euro a fronte di una manovra che impone agli italiani durissimi sacrifici". Di qui la richiesta di predisporre "un’asta regolare" e usare la previsione d’entrata "a beneficio dell’indicizzazione delle pensioni". (TM News)
Inutile dire che il Pdl punta al mantenimento dello status quo, anche in nome di quella sorta di ‘non belligeranza’ che ha portato al sostegno trasversale al governo Monti. In questo senso, un invito a evitare polemiche, arriva dal leader Udc Pier Ferdinando Casini. "Facciamo le cose una alla volta, il quadro dell’appoggio al governo – sostiene – è complesso ed ampio. E’ meglio agire sulle cose sulle quali siamo d’accordo che puntare su quelle che potrebbero dividerci".